La bella notizia è che questo governo è ufficialmente finito. Ma la giornata di ieri ce ne ha offerte altre due. La prima: Conte, parlando al Senato, ha sbattuto con violenza la porta in faccia a Salvini («è mosso da interessi personali, irresponsabile, imprudente, opportunista, maldestro») decretando la fine dell'alleanza presente e futura con la Lega. La seconda: Conte, nella sua «comunicazione» ha fecondato l'embrione di un nuovo governo tra Cinque Stelle e Pd e si è candidato, con un discorso programmatico più da premier entrante che uscente, a guidarlo con eccesso di ambizione - lui stesso.
Dopo aver ascoltato la replica di Renzi, direi che la pratica è ben avviata. Le elezioni, quindi, si allontanano e si avvicina un governo di sinistra-sinistra (Cinque Stelle-Pd). Per ora, in attesa del lavoro di Mattarella, parliamo di «tendenze», ma se il buongiorno si vede dal mattino non siamo messi bene.
Diavolo di un Salvini. Da un anno le chiediamo di staccare la spina al governo con Di Maio, ma mai più immaginavamo che lo avrebbe fatto in questo modo e soprattutto con questi (probabili) esiti. Affidare il Paese a un partito, i 5 Stelle, che ha portato l'Italia in recessione (oltre che dimezzato i suoi consensi in dodici mesi) e al partito, il Pd, che ha clamorosamente perso le ultime elezioni, è un controsenso, oltre che cosa ingiusta e folle. Due debolezze non potranno mai fare una forza, se non quella di aggrapparsi alle poltrone per più tempo possibile.
Non sappiamo quali siano i margini di manovra del presidente Mattarella per evitare di replicare il disastro del contratto gialloverde cambiando semplicemente il verde con il rosso. È vero che la politica si regge sui numeri, ma i numeri del Paese virtuale (il Parlamento, dove Pd e M5s sono maggioranza) non possono valere più di quelli del Paese reale che da anni premiano a ogni elezione, sempre più chiaramente e stabilmente, il centrodestra a trazione leghista.
Io spero ancora che Mattarella non permetta a un leader fallito e commissariato dai suoi (Di Maio) e a un premier cacciato dagli italiani e dal suo partito (Renzi) di riprendere il potere attraverso giochi di palazzo. Un modo ci deve essere. A me vengono in mente le elezioni, ma se qualcuno ha idee migliori, si accomodi.
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