Carroccio in rivolta. Il governo va sotto. Scoppia l'ira di Salvini

Anticorruzione, sono 36 i franchi tiratori. Il ministro: "O il Dl Sicurezza o salta tutto"

Carroccio in rivolta. Il governo va sotto. Scoppia l'ira di Salvini

«Il decreto sicurezza serve al Paese e passerà entro il 3 dicembre oppure salta tutto e mi rifiuto di pensare che qualcuno voglia tornare indietro». Matteo Salvini detta in mattinata quella che appare come una dichiarazione di guerra, un invito a non fare scherzi rivolto ai partner di governo pentastellati. L'ultimatum a distanza di un paio d'ore viene addolcito dallo staff del ministro dell'Interno che circoscrive il «salta tutto» come riferito semplicemente alle sorti del decreto. Ma è chiaro che quelle parole orientano la giornata politica.

Il Movimento Cinquestelle raccoglie la palla e assicura che sarà «leale» sul decreto. Luigi Di Maio parlando a «Radio anch'io» minimizza l'iniziativa dei «ribelli». «Come capo politico del Movimento - dice rispondendo a una domanda sulla lettera con 19 firme di deputati che esprime dubbi sul provvedimento - devo assicurare la lealtà del Movimento a questo Governo. Il decreto si deve approvare, se adesso noi lo modificassimo significherebbe farlo decadere, dato che scadrebbe e non ci sarebbero i tempi per mandarlo al Senato». Il tutto mentre alla Camera arrivano circa 600 richieste di modifica (di cui 5 dei grillini, 140 di Forza Italia e 80 di Leu).

La giornata, però, è segnata anche da un altra scintilla che si accende su una battaglia considerata fondamentale da M5S: quella del ddl Anticorruzione. Dopo alcuni voti segreti in cui i numeri si assottigliano costantemente, poco dopo le 20 viene battuta in aula. L'emendamento che ha mandato sotto governo e maggioranza, che avevano dato parere contrario, è a prima firma dell'ex M5s ora al Misto, Catello Vitiello, e riguarda il reato di peculato, stesso tema su cui la scorsa settimana la maggioranza si era divisa in commissione, con la Lega a favore della riduzione della portata del reato di peculato e i Cinquestelle contrari. I voti a favore sono stati 284, i voti contrari 239. Ben 36 i franchi tiratori. É chiaro che in questo caso si tratta di un messaggio del Carroccio all'alleato grillino, poco propenso a colpire in maniera più dura gli ex consiglieri regionali finiti nel mirino dei magistrati per le varie rimborsopoli locali. «Abbiamo voluto mandare un segnale al Movimento Cinquestelle», dice un deputato della Lega e sono in molti tra i parlamentari del Carroccio a esultare. Igor Iezzi azzarda un'altra lettura e rispedisce la palla in campo avverso: «Sono i fichiani. Cercano una scusa per non votare il dl sicurezza». E Salvini commenta: «Non mi interessano i responsabili: nascondersi dietro al voto segreto è vigliacco».

In precedenza non era passato inosservato il clima dell'aula durante l'intervento del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, accolto con il gelo dai banchi della Lega. Così come la maggioranza aveva ballato su alcuni emendamenti contro l'abolizione della prescrizione presentati da Forza Italia, bocciati con margini inferiori ai 20 voti. Sull'incidente d'aula i Cinquestelle insorgono: «Quello che è accaduto in aula è un fatto gravissimo. Così non si va avanti» dichiara Francesco D'Uva, capogruppo alla Camera. Salvini prova a parare il colpo: «Voto assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato».

Nelle prossime ore verrà votato un emendamento delicato, presentato da Giovanni Donzelli di

Fratelli d'Italia, che se approvato impedirebbe alle cooperative di finanziare partiti politici, feste e giornali di partito. Una misura che andrebbe a colpire in profondità il sistema di finanziamento della sinistra italiana.

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