Dopo una vita all'ombra dello scudo crociato e della Democrazia cristiana, Pier Ferdinando Casini si scopre compagno. Tanto da sentirsi a casa nel "covo" dei comunisti, all'ombra di Gramsci, Togliatti, Matteotti e Di Vittorio.
E mentre tra le pagine di Guareschi Peppone e Don Camillo si fronteggiano - l'uno nella Casa del popolo, l'altro nella Casa di Dio -, l'ormai ex leader dell'Udc e candidato ora con il Partito democratico non ha remore a farsi fotografare nella casa del Popolo Corazza, nella sede più rossa della rossa Bologna, tra i militanti più rossi (o almeno quelli rimasti tra le file di Renzi) (guarda le foto).
"Rossoblu è nel mio Dna, nel mio sangue", rivendica con orgoglio Casini, "Per me non cambia niente. L'effetto è di stare a casa mia". Eppure è tra gente che - lo ammette lui stesso - conosce da 30 anni, ma ma "con cui non ho condiviso dei progetti politici". Ma, proprio come nella vecchia Dc, il diktat è lo stesso. Tutti uniti contro un nemico comune: "Fermare i barbari che sono Salvini e i 5 Stelle. Se avranno il 51% c'è da allacciarsi le cinture di sicurezza".
Insomma, deposto lo scudo crociato, Casini è pronto a impugnare (o quasi) persino "falce e martello".
"Saranno contenti i vecchi compagni bolognesi, quelli che ci credevano veramente, adesso che, parafrasando un celebre titolo di 35 anni fa de Il Manifesto, moriranno democristiani", fa notare il senatore della Lega Roberto Calderoli, ricordando "l’ottimo e inflessibile lavor" svolto da Casini come presidente della commissione banche.Cosa non si fa per una poltrona...
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