Dal caso Autogrill a Report, quei diciotto segreti di Stato che la Belloni dovrà rivelare

Nel verbale l'ex capo del Dis oppone il silenzio. I legali di Renzi e Mancini vogliono risentirla

Dal caso Autogrill a Report, quei diciotto segreti di Stato che la Belloni dovrà rivelare
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Una lettera di Giorgia Meloni a Francesco Lo Voi, procuratore della Repubblica di Roma, per comunicare formalmente la revoca del segreto di Stato sui rapporti tra i servizi segreti e Report, e più in generale sul filmato dell'incontro del 23 dicembre 2020 tra Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini andato in onda nel programma di Sigfrido Ranucci nel maggio 2021. È questo il prossimo passaggio della vicenda «Autogrill», preannunciato dalla Meloni in una risposta alla lettera di Renzi. I difensori sia del leader di Italia Viva che di Mancini hanno già pronta la lettera con cui subito dopo chiederanno al tribunale e alla Procura di Roma di interrogare nuovamente Elisabetta Belloni, allora a capo dei servizi segreti, che quando venne interrogata sulla vicenda oppose una sfilza di diciotto segreti di Stato. E che adesso dovrà invece rispondere su tutto.

Il verbale della Belloni, interrogata il 2 maggio 2022 a Roma dai pm ravennati Daniele Barberini e Vincenzo Bartolozzi (che conducevano l'inchiesta prima che venisse trasferita a Roma) insieme ai difensori di Mancini è composto da sei pagine. Vengono rivolte alla Belloni venti domande, a diciotto delle quali risponde «eccepisco il segreto di Stato». La prima è quella sulla identità dell'ex agente del Sismi che Report utilizza come fonte per identificare Mancini: «eccepisco il segreto». E avanti così, per altre diciassette volte. Stessa risposta anche davanti alla quarta domanda, cruciale politicamente ma apparentemente lontana dalle esigenze di sicurezza dello Stato: «È a conoscenza se appartenenti al Dis, Aisi o Aise siano in contatto con qualcuno riconducibile alla trasmissione Report?». La Belloni avrebbe potuto negare, confermare, dire di non saperne nulla. Invece rifiuta di rispondere: segreto di Stato. E ancora. Le scorte di Renzi e Mancini sono fornite dai servizi segreti? «Segreto di Stato». «Ha mai accertato se fossero noti in anticipo nell'ambito dell'Aisi o dell'Aise gli spostamenti della scorta del dr. Mancini o del sen. Renzi?» «Segreto di Stato». Una delle poche risposte della Belloni è quando le chiedono se conosce Immacolata Chaoqui e Cecilia Marogna, le due dame dello scandalo Vatileaks: «Non le conosco». Ma quando le chiedono se abbia mai scavato su rapporti delle due con i servizi segreti russi, torna la solita risposta: «Eccepisco il segreto di Stato».

Possibile? Quattro giorni dopo, il 22 giugno, il procuratore capo di Ravenna Daniele Barberini scrive all'allora presidente del Consiglio Mario Draghi per avere conferma che i fatti su cui la Belloni ha rifiutato di rispondere sono effettivamente coperti da segreto in nome della sicurezza nazionale. Draghi, dopo essersi consultato con il suo delegato all'intelligence Franco Gabrielli, il 16 giugno risponde al procuratore con una lettera protocollata «riservatissimo». Draghi annulla il segreto di Stato su due domande minori, e su una più rilevante: qualcuno aveva visto il video dell'autogrill prima che andasse in onda su Report? La domanda era tesa a sapere se effettivamente il filmato realizzato da una prof di Viterbo, Valentina Cuozzo, fosse prima passato per le mani dell'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del predecessore della Belloni al Dis, Gennaro Vecchione. Vecchione, uomo di fiducia di Conte, viene silurato proprio da Draghi e senza preavviso quattro giorni dopo che Report manda in onda il filmato. Perché?

Ma su tutto il resto, Draghi conferma invece la linea della Belloni: «Ritengo che gli argomenti siano ricompresi nelle categorie tutelabili al massimo livello dalla vigente normativa sul segreto di Stato», scrive.

Le domande rivolte alla Belloni secondo Draghi riguardano «scelte, determinazioni, procedure interne, modalità organizzative e operative adottate dal comparto intelligence», e «dal disvelamento di tali elementi deriverebbe un grave pregiudizio all'operatività del Comparto e una conseguente grave lesione dei preminenti interessi afferenti alla sicurezza dello Stato».

Giorgia Meloni non è dello stesso avviso.

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