Caso Cucchi, lo Stato schizofrenico di Grasso

Fino a ieri per Grasso, ex magistrato, la verità che contava era solo quella giudiziaria: il verdetto. Ora, invece, dice che bisogna fare di tutto per cercare la verità

Il presidente del Senato Pietro Grasso a Palazzo Madama con la famiglia Cucchi
Il presidente del Senato Pietro Grasso a Palazzo Madama con la famiglia Cucchi

Il dolore della famiglia Cucchi è dolore: vero, umano, sacrosanto, da rispettare. Ma questa morte assurda è diventata un caso politico e c'è troppa gente che ci gira intorno per strappare un applauso, per seguire l'onda dell'indignazione, per un pugno di voti. Tutto ciò diventa ancora più grottesco se a parlare sono le «poltrone». Prendete Pietro Grasso, l'uomo che occupa il seggio più nobile di Palazzo Madama. Che fa il presidente del Senato? Si commuove. E va bene. Ci sta. Poi però parla. «Lo Stato che rappresento farà tutto il necessario affinché in futuro non accada mai più una cosa simile. Non si può tollerare che chi è in custodia dello Stato possa vedere annientata la propria vita. Cercheremo di sensibilizzare tutti i rappresentanti istituzionali per fare luce sulla vicenda che ci colpisce così tanto e andare verso la verità». Ecco il punto: sapere cosa sia la verità. Fino a ieri per Grasso, ex magistrato, la verità che contava era solo quella giudiziaria: il verdetto. Ora per lui non è più così. Grasso sta contestando la sentenza del tribunale di Roma? A quanto pare sì. Al di là del solito ritornello che per anni ci hanno propinato, «le sentenze non si commentano», quello che colpisce è che Grasso stia accusando un apparato dello Stato, il tribunale di Roma, di avere coperto un assassinio di Stato. Non è cosa da niente. È un j'accuse gravissimo, che non si può mettere in archivio con qualche lacrimuccia. Se Grasso ha le prove, parli. Dica. Faccia cadere giù tutto il Palazzo. Perché su una storia come questa le prove sono tutto. Se i giudici coprono un assassinio di Stato, la famosa riforma della giustizia va fatta domani. Immediatamente.

Solo che quelle di Grasso sono parole vuote. L'ex magistrato, ora seduto al Senato, sa benissimo che i suoi colleghi di Roma non avevano prove per dire che Cucchi è stato ucciso da chi lo aveva in custodia in nome dello Stato. E molti dimenticano, compreso Grasso, che le condanne devono essere al di là di ogni ragionevole dubbio. È uno dei principi cardine del diritto. Non si può cambiare quando conviene.

Altrimenti c'è da chiedersi: come mai così tanta e legittima umana commozione per Cucchi e nessuna indignazione quando Cagliari, vittima del carcere preventivo, si uccise? I morti sono morti e i «morti di Stato» sono tutti uguali.

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