Moussa Sangare è in cella a Bergamo, sorvegliato a vista. Ha chiesto solo un po' d'acqua ed è «stanco e provato, molto frastornato» dice il suo legale, Giacomo Maj. L'udienza di convalida del fermo si terrà domani, così come l'interrogatorio, da cui potrebbero emergere nuovi dettagli. O almeno una parvenza di spiegazione - se c'è - che vada oltre quel «Avevo voglia di fare male a qualcuno».
Folle, malato o solo violento? È attorno a questa domanda che ruota tutto. La chiave del processo sarà la perizia psichiatrica. Per capire se Moussa soffre di un disagio mentale o se è «solo» un aggressivo. La difesa del 31enne punta all'infermità mentale, a dimostrare il disagio psichico. «Anche solo vedendo quanto emerso fino ad ora, mi sembra il minimo accertare lo stato mentale e psichico di una persona che ha dichiarato di aver ucciso tanto per farlo» sostiene Maj.
«È uscito con quattro coltelli e ha avuto il tempo di minacciare altre due persone, per sua stessa ammissione. Mi stupisce si parli di incapacità verosimile» replica Luigi Scudieri, il legale della famiglia Verzeni, secondo cui è impensabile parlare di raptus improvviso. L'avvocato invita alla prudenza «prima di un esame completo di tutti gli atti di indagine e del pieno completamento degli accertamenti».
E prudenza la chiedono anche gli psichiatri: non è detto che dietro al delitto ci sia una malattia mentale. Non è detto che ci sia sempre un movente pratico. Insomma, è possibile alzarsi la mattina e commettere un omicidio senza essere folli o sotto l'effetto di stupefacenti, e talvolta anche senza avere un motivo. A sostenerlo è anche Vittorino Andreoli, psichiatra, scrittore e saggista: «Ogni uomo, almeno una volta nella sua vita, ha sentito la pulsione di ammazzare - sostiene citando Freud - Ma non è solo curiosità: uccidere dà una sensazione titanica, fa percepire di avere un potere divino: dare e togliere la vita. Il senso di colpa? Spesso arriva dopo molto tempo: Pietro Maso (che uccise i genitori nel 1991 in provincia di Verona ) si è pentito dopo cinque anni». Andreoli cita un passaggio del Fratelli Karamazov di Dostoevskij: «Uno dei fratelli (Ivan) dice all'altro (Smerdiakov): 'Ti dico io cosa è la libertà massima: uccidere una persona che tu non conosci, che non ti ha fatto nulla, che non ti riguarda'. Se l'individuo è un nessuno, immaginarsi che gratificazione può provare nel vedere la vittima dipendere da lui in tutto. È pazzia? No, è semplicemente la pulsione di morte che compensa e gratifica. La storia d'Europa racconta a pagina uno dell'eroe greco che, uccidendo, salva il suo popolo.
Oggi - dice lo psichiatra - abbiamo l'eroe del nulla che segue solo il bisogno di sentirsi vivo: la morte non è più sacra e misteriosa, è stata banalizzata. Non ci si sacrifica più per la patria o l'estetica della bella morte, si uccide per il nulla: è terribile».
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