E insomma, Silvio c'è. Eccolo all'Eur in tutte le salse, in tutte le locandine, in tutte le foto, in tutti i richiami al passato e in tutte le allusioni al futuro. Sorride sui manifesti, parla addirittura, quando sul maxi schermo trasmettono il suo ultimo discorso e il popolo azzurro subito si emoziona. E, si sa, dove c'è Silvio c'è pure abbondanza di donne. Giovani, quasi giovani, belle, imbellite, con tacchi, con tailleur, con la bandiera in mano. Sala piena, Palazzo dei Congressi traboccante, file al bar. «Questa partecipazione è un ottimo segno», dice felice il ministro Pichetto Fratin, e forse, chissà, anche lui allude al ben noto fattore D: la presenza femminile, come sostengono i frequentatori del Transatlantico, è un indicatore infallibile per misurare lo stato di salute di un partito. È un dato politico. Qui la cosa promette bene.
Antonio Tajani intanto è sul palco, emozionato, impegnato in quella che un ex al veleno, come Fabrizio Cicchitto, ha definito mission impossible, proseguire il berlusconismo senza Berlusconi. Infatti il suo intervento fiume è tutto un intreccio tra ieri e oggi, come l'ossimoro contenuto nello slogan dell'assise, le radici nel futuro, come tutto il gioco di specchi delle presenze e delle assenze che caratterizza la giornata. E dunque. Il discorso di Onna per il 25 aprile con il Cav con il fazzoletto dell'Anpi annodato al collo. La firma del contratto con gli italiani. L'intervento televisivo del 1994 della discesa in campo.
Il Cavaliere quindi c'è sempre, ci sarà ancora in qualche modo perché non se ne può fare a meno, però ragazzi, bisogna andare avanti per superare la Lega alle Europee e presidiare il centro della politica italiana, con il placet di Giorgia. C'è, in platea, il fratello Paolo, che prende applausi. Ci sono anche i figli, non fisicamente all'Eur, ma nei messaggi e nell'appoggio. Non a caso nei giorni scorsi il ministro degli Esteri era attovagliato in un ristorante milanese con Marina B e Gianni Letta, altro illustre assente-presente, Eminenza Azzurrina sempre influente e ascoltata. E Marta Fascina? Viene, non viene, pensa, ripensa. Alla fine resta a casa e si accontenta di piazzare un vicesegretario nell'organigramma, Stefano Benigni.
Ancora. La Meloni non c'è, ha una buona giustificazione, sta preparando il vertice G7 di oggi che presiederà, però parla e investe Tajani. «Berlusconi era un uomo straordinario - sostiene nel videomessaggio - tuttavia sbagliava chi credeva che senza di lui non ci sarebbe stato futuro per Forza Italia, che resta un punto di riferimento per il centrodestra. Antonio ha saputo raccogliere l'eredità». Manca Matteo Salvini, che ha mandato una delegazione della Lega. Nutrita pure la pattuglia di FdI, guidata da Ignazio Larussa, che ricorda la grande amicizia con il Cavaliere e scherza con i giornalisti quando casca un microfono. «È caduto il Tg3?». Presenti e parlanti anche Roberta Metsola e Manfred Weber. «L'Europa è con noi», commenta il ministro degli Esteri, che incassa pure il videoplacet di Ursula von der Leyen. «Grazie Antonio per la tua leadership», dice la presidente della Commissione Ue.
Certo, magari non basta per tornare competitivi. Fi era forse, come sostenevano gli avversari, un partito di plastica e tuttora ha un po' di cellophane da togliersi. Giorgio Mulè, vicepresidente del Senato, dice che «in Forza Italia la democrazia interna non è ancora matura». Però adesso c'è un congresso, il primo della sua storia, con mille e più delegati, mozioni e candidati: per il posto da numero due, intanto, visto che il primo è per Tajani e nessuno pare contrario, nemmeno i ronzulliani che hanno deciso che questo è il momento dell'unità.
L'obbiettivo è
raggiungere il dieci per cento, pescando al centro dove c'è spazio «tra la Schlein e la Meloni». La concorrenza è agguerrita eppure qui si spera, puntando sul Sud, solito serbatoio di voti. E poi? Si aspetta Letizia Moratti?
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