La nascita del governo Draghi ha provocato un vero e proprio scossone in casa M5S. La scissione è sempre più vicina e l'ormai ex enfaint prodige Alessandro Di Battista si è posto alla guida dei dissidenti.
"Sono uscito dal Movimento, vivo la mia vita, non mi occupo di correnti, scissioni, nuove forze politiche. Ho solo idee diverse dalle vostre. Rispettatele senza comportarvi da infantili avvelenatori dei pozzi", ha precisato 'Dibba' con un post su Facebook in cui invita gli ex colleghi“che hanno scelto legittimamente di passare dal 'sì Conte no Renzì al 'no Conte sì Renzi sì Lega sì Calenda sì Bonino sì Berlusconi sì Draghì a non passare, oltretutto coprendosi dietro fantomatiche 'fontì, stupidaggini sul mio conto ai giornali". Ma è stato proprio il segretario di Italia dei Valori, Ignazio Messina, a confermare di essere stato contattato dai dissidenti grillini per avere il permesso di usare il simbolo del partito fondato da Antonio Di Pietro così da poter dar vita a un gruppo autonomo in Senato. Di Battista, inoltre, ha indetto per domani una diretta social perché, come ha spiegato sul suo profilo Instagram, “c'è un'opposizione da costruire”.
Insomma, la scissione è nei fatti e, come dimostrano anche le repentine espulsioni attuate dai vertici pentastellati, sembra impossibile che la frattura tra 'governisti' e 'anti-draghiani' si possa ricomporre. "Una cosa è sicura, con l'addio degli ultimi dissidenti ci siamo finalmente tolti dalle scatole gente che ormai da tempo non portava un valore aggiunto (o forse non l'ha mai portato), ma solo problemi. Una vera e propria liberazione!", dice a ilGiornale.it, a taccuini chiusi, un deputato grillino al primo mandato. “Trombati di ieri e di oggi, unitevi" è il saluto più 'tenero' che un'altra nostra fonte grillina rivolge agli ex compagni di viaggio. "Guarda caso - continua la nostra fonte -, i capi bastone dei cosiddetti scissionisti, ossia quelli che non hanno votato la fiducia al governo Draghi alla Camera e al Senato, sono gli stessi che da un paio di anni a questa parte sono stati rimossi dalle poltrone di governo o fatti fuori al momento delle nomine".
Uno dei nomi più illustri è quello di Barbara Lezzi, che nel 2018 si era "accomodata nell'esecutivo gialloverde" come ministro per il Sud. L'altro big è Nicola Morra, presidente dell'Antimafia che nella Bicamerale "doveva portare il Movimento ma invece ha portato lo stallo”. "Era convinto di andare a fare il ministro dell'Istruzione, ma da quando non ha avuto quella poltrona ha iniziato a fare fuoco e fiamme", rivela la nostra fonte che ci chiede di restare anonima, ma non lesina critiche a nessuno. Alessio Villarosa, ex sottosegretario all'Economia nei due governi Conte “guarda caso – ci fa notare la fonte pentastellata - inizia a protestare contro il governo 'dei migliori' quando sembra aver capito che lui, tra i migliori, non ci sarà".
Un grillino che ha fatto parte dell'esecutivo giallorosso, invece, ci spiega che “quello di aprire il fuoco proprio nel momento in cui si passa dall'altra parte della barricata è un vecchio espediente”. “Ma c'è anche chi inizia a incensare quando all'orizzonte si staglia una poltrona. Se non per sé, per qualcuno dei più prossimi", aggiunge l'ex esponente di governo che, a tal proposito, cita il caso di Riccardo Ricciardi, vicecapogruppo M5S alla Camera, che “il 18 gennaio scorso diceva Ciao, senza alcuna nostalgia' all'ex alleato Renzi e che ora vota la fiducia al nuovo governo (che dentro ha lo stesso Renzi) perché 'non voltiamo spalle al Paese'”. "Ma adesso che c'è da spingere la fidata Gilda Sportiello tra le fila del governo Draghi, – sottolinea l'esponente M5S facendosi portavoce di una rivolta interna che coinvolge anche un gran fetta di deputati grillini - chi se ne frega se è il governo fatto nascere proprio dallo stesso Renzi che aveva fatto cadere l'amato Conte".
In totale dovrebbero essere 12 i grillini pronti a far parte del nuovo esecutivo. Se per la Sportiello si prefigura un ruolo da sottosegretario al Sud, per Luca Carabetta si ipotizza un medesimo incarico, ma nel dicastero per l'Innovazione Tecnologica. Tofalo e Sibilia dovrebbero essere riconfermati sottosegretari rispettivamente alla Difesa e agli Interni, mentre per l'Istruzione o l'Università se la giocano Luigi Gallo e Alessandra Maiorino. Sempre per l'Università un altro papabile è Luigi Iovino, sostenuto soprattutto dalle associazioni studentesche.
Per la Giustizia si fanno i nomi di Vittorio Ferraresi e di Francesca Businarolo, ma i senatori pentastellati spingono per aver maggior peso nel nuovo esecutivo e, per quel ruolo, propongono l'ex capogruppo Gianluca Perilli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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