L'intervista a papa Bergoglio continua a scuotere il mondo politico. Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo sentito l'opinione di due deputati cattolici, Stefano Ceccanti del Pd e Gianfranco Rotondi, fondatore di Verde è Popolare.
Cosa pensa dell’idea del papa di andare a Mosca per parlare con Putin?
Ceccanti: "Penso che la diplomazia vaticana è da sempre abituata a missioni impossibili. Il cardinale Casaroli parlava del suo dialogo coi regimi comunisti come di un ‘martirio della pazienza’. Sono utili anche quando, come in questo caso, purtroppo, a differenza delle iniziative di Casaroli, sono davvero impossibili. C’è comunque un insegnamento, c’è una conclusione da trarre: Putin non capisce altro linguaggio di quello della difesa armata rispetto alla sua volontà di potenza. Se non ci riesce il papa non ce n’è per nessuno".
Rotondi: “Il papa è il capo di Stato di uno Stato particolare ed è un’autorità spirituale. In Italia ci sono sempre molti consiglieri spontanei di tutti i papi. Di questo papa, in particolare, moltissimi aspirano a essere consiglieri, io no. Ed è per questo che non pretendo di insegnargli a fare il papa. Se lui ritiene di poter esercitare questa sua straordinaria autorità spirituale per una missione di pace, io mi inchino al suo coraggio e non aggiungo parola”.
Il Papa ha criticato “l’abbaiare della Nato alle porte della Russia”. Lei crede che l’Occidente debba fare qualche mea culpa a tal proposito?
Ceccanti: "L’affermazione del papa va vista nel contesto e alla luce del suo intento di svolgere un ruolo diplomatico. Se si tenta un approccio di quel tipo occorre anche in qualche modo tener conto di cosa pensa l’interlocutore, per quanto aggressore. Più in generale, premesso che nessuno è esente da errori e che occorre in effetti chiedersi perché non siano riusciti ad integrare la Russia post sovietica, non bisogna mai dimenticare che l’espansione della Ue e della Nato fino ai confini dell’ex Urss non è legata ad un complotto dell’Occidente, ma a un ripudio dell’ex Urss da parte dei popoli che ne sono stati dominati e che temevano per il loro futuro".
Rotondi: “Il papa si presta per una mediazione e, pertanto, dice parole che lo rendono plausibile come mediatore. Questo riferimento, quindi, non va letto come una critica alla Nato, ma come un modo di approcciare l’interlocutore in maniera da rendere credibile la mediazione”.
Papa Bergoglio sembra critico riguardo a questa corsa al riarmo. Lei, che ha votato a favore dell’invio di armi a Kiev, da cattolico come si pone di fronte a questa posizione del Pontefice?
Ceccanti: "Penso che dobbiamo rispettare le distinzioni di ruoli. Nella stessa intervista il papa si ferma a un livello di preoccupazioni e di principi e rimane dubbioso sulla scelta degli strumenti. Del resto la valutazione degli strumenti, nella visione non clericale di Chiesa che ha il papa, spetta primariamente ai laici cristiani fare le scelte concrete e, a ben vedere, nell’intera Europa i laici cattolici impegnati politica sia nel centrosinistra sia nel centrodestra, sono pressoché tutti favorevoli al sostegno anche armato agli ucraini aggrediti. Un elemento importante non solo per la politica, ma anche per la Chiesa. Il Papa non può essere il cappellano della Nato, però noi cattolici europei abbiamo nel nostro dna la scelta della Nato e della Ue, sulla scia si De Gasperi, Adenauer e Schuman e oggi in sede Ue e Nato c’è una sostanziale concordia non per militarismo ma perché la minaccia è reale".
Rotondi: “Di papi che invitano a imbracciare i fucili, almeno nella storia recente, non ne ricordo. Ci mancherebbe che il papa non fosse contrario all’invio e all’uso delle armi. Naturalmente sappiamo che la legittima difesa è una esimente anche del peccato perché, quando qualcuno si deve difendere, può usare le armi. Uno Stato, ovviamente, corrisponde a ragioni di etica pubblica e di interesse generale per cui, se è in discussione il rispetto di patti internazionali che presidiano la nostra pace, siamo tenuti anche a riarmare l’Ucraina. Io, da cattolico, non ho scrupoli. Se i partigiani bianchi avessero avuto scrupoli, non ci sarebbe stata la Resistenza”.
La diplomazia vaticana può contribuire a trovare una soluzione per la pace anche se i rapporti con gli ortodossi non sembrano ottimi?
Ceccanti: "Purtroppo, come evidenziato anche dalla non risposta di Putin, la diplomazia vaticana fa sempre bene a provare, ma qui non sembra esserci materia e la Chiesa ortodossa russa sembra legittimare l’intervento quasi come una specie di guerra santa, persino oltre il concetto di guerra giusta".
Rotondi: “Io penso di sì. La straordinarietà di questo papa sta nella capacità di costruire ponti anche verso la Cina. L’accoppiata dell’intervento della Cina e la discesa in campo del pontefice possono creare una condizione di pace che, tuttavia, vedo molto difficile”.
Perché si parla di ingerenza vaticana solo quando il papa parla dei temi etici e questo non avviene quando parla della guerra?
Ceccanti: "Io penso che non si debba mai parlare di ingerenza vaticana. Siamo in una società aperta e ognuno dice quello che vuole. I laici cattolici, comunque, non sono le guardie svizzere su nessun tema e agiscono in responsabilità e coscienza, senza mandati imperativi".
Rotondi: “Il papa viene tirato per la tonaca da chi pensa di utilizzarlo per una logica o una
lettura politica, ma il papa guida una straordinaria forza spirituale che sopravvive da duemila anni a tutti i poteri politici, compresi quelli che vorrebbero condizionarlo e che passeranno più velocemente di quando si pensi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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