Va bene il diritto alla difesa, ma l'arringa pronunciata martedì davanti alla Corte d'Assise di Venezia del legale di Filippo Turetta lo ha turbato. Come ha voluto denunciare pubblicamente sui social. «Mi sono sentito offeso e la memoria di Giulia è stata umiliata», scrive su Facebook e sulla sua pagina Instagram il papà della 22enne uccisa l'11 novembre del 2023 dal suo ex fidanzato.
Il tentativo dell'avvocato Giovanni Caruso di evitare l'ergastolo a Turetta, smontando le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e degli atti persecutori, fa dire a Gino Cecchettin che è «stato superato ogni limite». E non importa se Caruso, che è anche professore universitario di Diritto penale, aveva impostato la difesa sul principio di legalità, parlando dell'ergastolo - che pure Filippo sarebbe pronto ad accettare - come di una pena «vendicativa, inumana e degradante». Alcune parole lo hanno ferito. Non gli è piaciuto il paragone con Pablo Escobar e quel fare leva sull'aspetto umano di Turetta, descritto come un ragazzino debole e timido, incapace di gestire le proprie emozioni», e neppure sentire - per cercare di cancellare l'aggravante della crudeltà - che Turetta avrebbe colpito Giulia «alla cieca, in uno stato di alterazione emotiva». «La difesa di un imputato è un diritto inviolabile, garantito dalla legge in ogni stato e grado del procedimento. Tuttavia, credo che nell'esercitare questo diritto sia importante mantenersi entro un limite che, pur non essendo formalmente codificato, è dettato dal buon senso e dal rispetto umano. Travalicare questo limite rischia di aumentare il dolore dei familiari della vittima e di suscitare indignazione in chi assiste», scrive Giulio Cecchettin nel post. I temi toccati nell'arringa, invece, non avrebbero tenuto conto del suo dolore e di quello dei suoi figli, Elena e Davide. Sentire minimizzare la colpa di Turetta è stato per lui come offendere la memoria di Giulia. Neanche la lista delle cose da fare compilata da Filippo prima del delitto e trovata nel suo cellulare, per la difesa proverebbe la premeditazione dell'omicidio, piuttosto di un sequestro.
A Cecchettin non è piaciuto neanche il passaggio in cui l'avvocato Caruso - per cancellare l'accusa di stalking - ha negato che Giulia avesse paura di Filippo, mentre sono diverse le evidenze raccolte dalla Procura che dimostrano come la studentessa fosse fortemente preoccupata da certi comportamenti del suo ex e dalla sua volontà di controllo.
Il femminicidio di Giulia - per il pm Andrea Petroni, che ha chiesto l'ergastolo - sarebbe stato l'ultimo atto di questa volontà di controllo. La prossima udienza, il 3 dicembre, la Corte si riunirà in camera di consiglio per decidere la sussistenza o meno delle aggravanti. Soltanto se cadranno non sarà ergastolo.
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