"Cecilia sta bene ed è in cella da sola"

Tajani rassicura sulle condizioni della cronista e si raccomanda: "Niente dietrologie"

"Cecilia sta bene ed è in cella da sola"
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Sul caso di Cecilia Sala, il governo predica cautela e lavora sottotraccia per il rapido rilascio della giornalista. Mentre maggioranza e opposizione, per una volta, si ritrovano unite a chiedere la liberazione della freelance arrestata in Iran. E dalla famiglia il padre, Renato, ringrazia «tutti per l'attenzione che stanno avendo nei confronti di mia figlia».

Sulla vicenda interviene il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Cecilia Sala ha già parlato due volte con i genitori, ieri ha ricevuto una visita consolare da parte della nostra ambasciatrice in Iran per circa mezz'ora. È in buona salute, è in una cella da sola, a differenza della giovane Alessia Piperno che invece era in cella con altre persone che non parlavano nessuna lingua se non la loro. Adesso riceverà attraverso il ministero degli Esteri dell'Iran, su consegna della nostra ambasciata, beni di prima necessità», spiega il vicepremier, rassicurando dunque sulle condizioni di Sala.

La cronista e podcaster, che si trova nel carcere iraniano di Evin, a nord di Teheran, conosciuto per essere la prigione in cui sono detenuti gli oppositori politici del regime, non è quindi in condizioni fisiche preoccupanti. Sala, che era in Iran con visto giornalistico e aveva intervistato anche un esponente della Guardia Rivoluzionaria, non conosce però ancora quali sono i suoi capi d'accusa. «Ancora non abbiamo i capi d'accusa per Cecilia Sala perché l'avvocato non ha ancora avuto la possibilità di visitarla in carcere. Speriamo che lo possa fare nei prossimi giorni e che possa avere quanto prima dei capi di imputazione precisi», conferma Tajani.

La Farnesina segue da vicino il delicato dossier e invita alla prudenza, evitando quelle che Tajani chiama «dietrologie» sul presunto collegamento tra l'incarcerazione di Sala e l'arresto del cittadino svizzero-iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, fermato all'aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre su ordine della giustizia degli Stati Uniti.

«È inutile che si facciano dietrologie: è importante che Sala torni a casa il prima possibile e grazie al lavoro della diplomazia, con la collaborazione tra Presidenza del Consiglio e il Ministero degli Esteri», spiega il ministro. Nella stessa logica di evitare fughe in avanti e atteggiamenti incauti, è l'invito del titolare della Farnesina, che chiede «discrezione e riservatezza per una trattativa che deve essere diplomatica». Tajani si augura tempi «brevi» per il ritorno a casa di Sala, ma precisa che le tempistiche «non dipendono da noi».

Anche Giorgia Meloni - come fa sapere una nota di Palazzo Chigi - «segue con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala fin dal giorno del fermo, il 19 dicembre. E si tiene in stretto collegamento con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il sottosegretario Alfredo Mantovano, al fine di riportare a casa al più presto la giornalista italiana. D'accordo con i suoi genitori, tale obiettivo viene perseguito attivando tutte le possibili interlocuzioni e con la necessaria cautela, che si auspica continui a essere osservata anche dai media italiani».

Intanto la politica esprime solidarietà

bipartisan per Sala e sui social impazza l'hashtag #FreeCecilia. Con la stessa parola d'ordine, oggi, a Torino ci sarà un sit-in per la giornalista davanti alla sede della Prefettura, organizzato, tra gli altri, da Più Europa.

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