Celle da vergogna tra record di suicidi e sovraffollamento. Altro che Budapest

Il caso Salis ci ha fatto indignare del sistema ungherese: noi siamo peggio

Celle da vergogna tra record di suicidi e sovraffollamento. Altro che Budapest
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La mancanza di un decreto sulle carceri non era la causa dei suicidi, e l'approvazione di un decreto sulle carceri non ne impedirà di nuovi. Il punto è che del tema carceri importa mediamente pochissimo perché accedervi è tema da forcaioli mentre l'uscirne è tema da garantisti, e ciò che sta in mezzo (le carceri fisiche, materiali) in genere importa solo ai Radicali e ai politici che ci sono stati dentro. Poi sì, sono come i bagni per i ristoranti, danno un'idea delle cucine e del grado di civiltà di una democrazia: ma se dentro si ammazza troppa gente (rischiamo il record dal Dopoguerra) qualcosa occorre fare. Il 2022 è stato l'anno record (85 suicidi) con brutte altalene (70 del 2023, già 50 nel 2024) anche se il cinismo non ha mai fine e il vostro bisnonno potrebbe ricordarvi che solo nell'aprile 1945, in Germania, si suicidarono 3800 uomini liberi.

Ma in Italia, ogni anno, si suicidano mediamente anche sette poliziotti penitenziari. Le carceri sono 190 e sono suddivise in case circondariali (custodia cautelare e detenuti in attesa di giudizio) e case di reclusione (pene esecutive, definitive) più le case di lavoro e le colonie agricole; poi c'è un circuito apposito per il regime di 41 bis, riservato a 11 sezioni ad alta sorveglianza all'interno di altri penitenziari. Il problema numero 1 è il sovraffollamento: sono rinchiusi più di diecimila detenuti oltre la capienza regolamentare anche se in mezzo secolo sono stati adottati più di trenta provvedimenti di clemenza tipo amnistia o indulto; gli ultimi due sono al 2006 (uscirono in 25mila) e al 2013 (altri diecimila). Il sovraffollamento non è mai omogeneo: la più affollata spesso è la Puglia seguita dalla Lombardia, con record assoluti (oltre il doppio della capienza) in città come Taranto, Brescia e Como.

Queste cose in media non le sa nessuno, anche se gli italiani (parte di essi) di recente hanno scoperto una smodata passione per le cattive condizioni delle carceri ungheresi. Alcuni mesi fa questo giornale scrisse che il sovraffollamento italiano del 119 per cento rispetto alla capienza prevista (con un aumento del 3,8 per cento rispetto all'anno prima) è uno status da carcerato in attesa di giudizio condiviso col 26,6 per cento dei detenuti: forse sbagliammo per difetto, perché il dato ufficiale del 2 giugno scorso parla di un sovraffollamento del 130,59 per cento con un totale di 61.468 detenuti. E in Ungheria? È del 102 per cento, secondo l'ong finlandese Hhc. Il 40 per cento dei nostri penitenziari è stato costruito prima del 1900 (o al massimo prima del 1950) ed è senza acqua calda nel 45,4 per cento dei casi e senza doccia nel 56,7 per cento. C'è stata una condanna al nostro Paese da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) nel 2009 e nel 2013, mentre nel 2022 la stessa Cedu ci condannò per i «trattamenti inumani» inferti a un detenuto di Rebibbia che restò senza cure nonostante fosse un grave caso psichiatrico.

Il ministro Carlo Nordio sta lavorando a misure alternative (ne parliamo in altro articolo) ma molti si chiederanno in quanti utilizzino il braccialetto elettronico giacché circa il 14 per cento dei detenuti è agli arresti domiciliari. Il problema è che i braccialetti mediamente non ci sono: se in Italia ne risultano attivi circa 5600 è difficile che se ne usino di più, per esempio per i tanti indagati che sono ancora in attesa di giudizio (solo 26 hanno il beneficio del braccialetto, e non sono quindi agli arresti preventivi) anche perché ci sono reati considerati, diciamo così, più mediaticamente sorvegliati come quelli previsti dalla legge 69 del 2019 (il cosiddetto Codice rosso) che occupano più di mille braccialetti per controllare gli stalker o presunti tali.

Tra i temi regolarmente omessi c'è anche una diretta responsabilità della magistratura nel sovraffollamento: dal 1989 il vecchio carcere preventivo avrebbe dovuto essere sostituito con l'attuale «custodia cautelare» ma con Mani pulite non ebbe certo a calare, anzi, e questo per tutte le categorie sociali. Non c'è stato un raffreddamento dei bollori giustizialisti: nel 2018 le misure cautelari in carcere sono state 31.970 e sono diminuite fino al 2021, arrivando a così a 24.126, ma ora si assiste a un rialzo: 24.654 nel 2022 e 24.746 nel 2023.

A decidere le misure cautelari sono per i tre quarti delle volte i gip (giudici delle indagini preliminari) e questo conferma che durante le indagini il carcere fa la parte del leone anche mediaticamente: se poi l'imputato era innocente d'accordo, e che sarà mai?

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