"La politica è l'arte nobile per eccellenza, però, adesso è diventata una trappola". Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore, ci offre una lucida disamina dell'attuale situazione politica.
Com'è iniziata la sua passione politica?
“Nascendoci dentro. Tutti in famiglia facevano politica, sia mio padre sia mio zio. Purtroppo, poi, pian piano, la passione si è spenta. Oggi non c'è più una battaglia di idee, una visione. Ho visto troppa gente massacrata dalla politica. Anche quando si trova la persona giusta, capita che questa si ritrovi dileggiato dalla canea detta 'opinione pubblica' o azzannato dalle procure. Mi ha molto turbato vedere un galantuomo come Ruggero Razza, l’ex assessore alla Sanità in Sicilia, frullato nel fango per una frase sui 'morti da spalmare' nella conta dei numeri strumentalmente interpretata da chi lo spiava con la stessa disinvoltura dei più biechi Richelieu: 'Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini e vi troverò un motivo per farlo impiccare'. La verità è che la gente perbene sta lontana dalla politica anche per colpa della retorica antipolitica. Perché persone di valore dovrebbero smettere di lavorare e dedicarsi alla politica per poi ritrovarsi in carcere o con la vita sfregiata. Non vale la regola male non fare, paura non avere, ma tutto il contrario. Se fai il bene, qualcuno te lo farà pagare. La vicenda di Rino Nicolosi, il presidente della Regione siciliana - un gigante della politica - letteralmente scannato dal carcere resta a perenne monito”.
Come si è avvicinato al giornalismo?
“È stata una conseguenza della passione politica e dello studio. Si sono intrecciate come due tagli di una stessa lama. Anzi lo studio è stato funzionale alla passione politica”.
Dal punto di vista letterario e giornalistico, quali sono stati i suoi maestri?
“Sicuramente Francesco Merlo e Peppino Sottile per il giornalismo, mentre Sergio Claudio Perroni e Antonio Franchini per la letteratura”.
Cosa rappresenta, per lei, la Sicilia?
“È contemporaneamente la mia radice e il mio cielo. In Sicilia trovo tutte le ragioni di ciò che sono stato e quelle delle mie aspirazioni. Per quel che mi resta da vivere. La Sicilia è femmina perché è universale, è il luogo in assoluto più universale dove tutto il mondo si dà appuntamento. È l'unico luogo dove si può avere la percezione esatta delle diversità, degli orizzonti più lontani e delle avventure più impensabili”.
Crede ancora che la Regione Sicilia debba essere commissariata?
“Credo che la Sicilia abbia solo due possibilità: o diventare realmente indipendente oppure cancellare l'autonomia che non serve a niente se non a peggiorare il tutto”.
Musumeci sta governando meglio di Crocetta?
“Ovviamente non c'è gara. È meglio Musumeci”.
Come risponde al giornalista Andrea Scanzi che, in sostanza, ha detto che la cultura di destra non esiste?
“In punto di paradosso ha ragione Scanzi a dire che non c’è nessun intellettuale di destra perché nessuno che non sia di sinistra o mosca cocchiera del conformismo trova voce, visibilità e spazio nella vetrina delle idee: c’è mai una firma di destra sul Corriere della Sera, il pur giornale della borghesia italiana? Paolo Isotta subì di tutto a via Solferino e Montanelli dovette fondare proprio questo giornale dopo essere stato cacciato da via Solferino. Leo Longanesi non poté mai scrivere sul Corriere. Mai neppure uno libero come Massimo Fini. E, oggi, vedi mai un Marcello Veneziani - non dico da Lucia Annunziata, e in tutto il resto del cucuzzaro di regime - ma a Domenica In o perfino a Porta a Porta? Vedi mai ai festival del Cinema, alla Biennale o nei premi letterari un qualcuno un’anticchia fuori canone? Mai. È così da sempre: un riflesso condizionato di tutti, forse anche in noi due, scatena una soggezione immediata verso chiunque sia di sinistra. Passano subito per intelligenti. L’Italia è nelle mani di professoresse col cerchietto in smanie per la Divina Commedia recitata da Benigni. Cosa mai ci si può aspettare? La gente legge delle porcherie incredibili. E non nel senso della gustosa oscenità ma nel significato del più greve banalismo. È l’Italia in muta attesa di un qualsiasi virologo, altro che Cristina Campo. E sembra che sia così da trecento anni perché potente è la cappa addosso a tutti noi. Per questo Scanzi, nel suo paradosso, ci ha azzeccato”.
Qual è la 'blasfemia culturale' più grande che ha sentito recentemente?
“In quella sorta di canasta tra amiche che è la trasmissione di Massimo Gramellini ho sentito Alessandro Barbero dire che Dante oggi sarebbe iscritto al Partito radicale, strozzando l’aquila dell’Impero evidentemente, per non dire del Veltro ghibellino. Costretto allo sciopero della fame”.
Almeno una parte della sinistra vede in Salvini un nuovo Mussolini. Lei cosa ne pensa?
“Su questo ci ho scritto un libro a riprova di come questo paragone sia solo un corto circuito mentale che esiste solo nella faciloneria delle interpretazioni perché Mussolini è un grande campione della sinistra, mentre Salvini, invece, è un rappresentante della destra. Quel che mi divertiva era vedere i giovani redattori che lavoravano a questo libro quando, leggendolo, restavano sorpresi da tutti i risvolti mussolinani che erano quasi atmosfere gruppettare-rivoluzionarie che non coincidevano con il racconto ufficiale. A riprova dell'incapacità di avere in Italia un sereno riconoscimento della cultura di destra”.
Chi vincerà il duello Salvini-Meloni?
“Questo duello porta a un solo risultato: la caduta di entrambi. Basta pensare che a Roma e a Milano si prospettano due sconfitte e questo sarà per la sinistra un regalo inaspettato”.
Ma se si annullano a vicenda, quale sarà il futuro del centrodestra?
“Non lo so. Il centrodestra si è sempre fatto interprete di una maggioranza silenziosa offrendo a questa una voce, un progetto politico e un percorso per la formazione di un ceto dirigente. Ora serve un federatore che metta insieme tutte queste voci. Il vantaggio del centrodestra rispetto al centrosinistra è quello di avere molteplici espressioni, ma è necessario un federatore. Da questo punto di vista Berlusconi ha insegnato molto”.
Oggi chi può essere questo federatore?
“A Roma vedo molti elettori di centrodestra che sono scatenati per Carlo Calenda, un moderato che non è né sovranista e non è certo populista. Calenda può diventare il nuovo Ernesto Nathan, che nell'Italia monarchica e papalina divenne il sindaco della Capitale di quel Regno e di quella Chiesa, pur essendo lui un repubblicano, massone e, quindi, ateo. Allo stesso modo, oggi, si può realizzare il paradosso che in un'Italia sovranista e populista si affidi a Calenda”.
E, invece, Renzi è finito?
“Renzi è un fuoriclasse della politica. Ha dimostrato che non è necessario avere un grande esercito per realizzare un'azione politica. Ha tantissimi difetti e anche io sulla mia pelle ho qualche cicatrice dell'esperienza Renzi. Debbo, però, riconoscere che ha saputo giocare bene questa partita. Mi spaventano molto di più altri democristiani”.
Che fine farà il M5S?
“Così come Forza Italia che è inevitabilmente legata alla figura di Silvio Berlusconi, il M5S è legato a questa invenzione di Beppe Grillo e, ovviamente, si è già sciolto. Qualcuno dei protagonisti prenderà una sua strada tutta sua, mentre altri andranno nel dimenticatoio. Resteranno Luigi Di Maio e, fuori il M5S, Alessandro Di Battista. Erano i Castore e Polluce, i due dioscuri destinati a due percorsi diversi: uno rivoluzionario e l'altro calato nell'orizzonte della borghesia italiana. Di Maio lo immagino in quella area della “maggioranza silenziosa” e non accanto a Bettini, Conte o a chissà quale altra forma di progressismo squinternato”.
E Conte?
“Conte è stata una variabile, anzi, una variante del CoronaGrillo, un'invenzione dadaista di Grillo. Fuori dai riflettori il suo ologramma si spegnerà. Gli italiani sono cinici e se lo dimenticheranno”.
Grillo, dopo quel video, è finito?
“Non mi va di commentare perché è il dolore e l'angoscia di un padre. Sicuramente aveva finito di fare politica da un pezzo, si era stancato da prima”.
Cosa pensa del governo Draghi?
“Bisogna fare i conti con la realtà. Questo è l'unico governo possibile perché le elezioni i dante causa non le daranno mai. E poi mai. Meglio stare dentro piuttosto che fuori. Se tutta la destra fosse stata dentro, come minimo non ci sarebbe Speranza ministro”.
Chi ha gestito meglio la pandemia? Conte o Draghi?
“È come quando mi chiedi la differenza tra Crocetta e Musumeci. Non c'è gara: ovviamente Draghi”.
Ha avuto paura del covid?
“Ho paura della pazzia. Ho paura della leucemia, dei tumori e di tutto ciò che è malattia e, quindi, il covid, in una scala di pericolosità, sta in fondo alla soglia di spavento. Ma quel che mi fa ancora più paura è l'atteggiamento dispotico, schizofrenico e folle di una macchina burocratica che ti dà la percezione di vivere in nell'angoscia perenne”.
Come ha trascorso quest'anno caratterizzato dalle quarantene?
“Non ne posso più anche perché io faccio tutta una vita fuori di casa.
È insopportabile l’ottusità che aleggia intorno, gli sguardi, l'isteria della gente, assembrarsi a forza nei mezzi pubblici e, poi, immergersi nella pantomima del distanziamento dentro i bar. È tutto una contraddizione. Sono convinto che la superfetazione burocratica abbia acuito questo senso di angoscia e che la salute è anche la salute della mente e ne pagheremo le conseguenze in termini clinici”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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