Alcune idee da «approfondire», altre «meno». E comunque poi «decide la politica». Una freddezza nemmeno troppo celata è la reazione del Pd al piano del manager Vittorio Colao per far ripartire il Paese dopo la pandemia. Quello che doveva essere il pilastro della fase tre «piace di più all'opposizione che alla maggioranza», nota l'azzurra Mara Carfagna. Insofferenza trapela dai Cinque stelle, nonostante il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, parli di «contributo importante in un momento difficile. I ministri studieranno le schede prodotte per capire quali di queste potranno diventare strumenti utili. Il piano è una base importante per tutti i ministri, lo approfondiranno nei prossimi giorni». Eppure la mancata firma sul documento che contiene le 102 proposte di Colao da parte di Marianna Mazzucato, membro della task force ma soprattutto economista consigliera del premier Conte e vicina al M5s, è il sentore più evidente di una presa di distanza. I pentastellati storcono il naso sul passaggio che suggerisce una semplificazione del codice degli appalti e un superamento del decreto dignità. La sottosegretaria all'Economia, Laura Castelli, ricorda però che «questo Paese ha apprezzato i decreti, come il decreto dignità. Ci sono momenti di crisi come questo nei quali è giusto ragionare ulteriormente».
La linea del Pd è quella del «valutiamo» senza entusiasmo. La dem vice ministro dell'Istruzione Anna Ascani dice di aver letto «con attenzione» la parte sull'istruzione e «non è irrealizzabile, contiene cose che da tempo si dicono, credo sia un piano di rilancio». Ma poi precisa: «Resto convinta che il lavoro dei tecnici sia importante, ma poi le scelte deve farle la politica».
Un primato della politica sui tecnici è anche quello rivendicato dal capogruppo dem Graziano Delrio: «La nuova fase richiede un cambio di passo, una svolta nel governo. Ho cominciato a leggere il Piano Colao, alcune cose mi convincono, altre meno. Un piano che sicuramente bisogna approfondire». Per il piddino Andrea Marcucci invece il governo Conte «ha tutto l'interesse a fare proprie molte delle proposte contenute nel piano». Bocciate duramente da Leu, con Nicola Fratoianni che invita Conte a «lasciare il Piano Colao nel cassetto» perché «non contiene nulla» se non «ricette vecchie, tra cui quella portata avanti anche da Renzi, una voluntary disclosure per fare emergere il contante nascosto».
L'azzurro Giorgio Mulè (in foto) ci ritrova le «misure pragmatiche e incisive che il centrodestra propone da tempo e che anche gli esperti oggi ritengono fondamentali». Ma «con tutto il rispetto per il dottor Colao e la sua task force di "menti brillanti" - aggiunge - facciamo sommessamente notare che le proposte di Forza Italia condensate in due documenti del 3 marzo e del 28 aprile trasmessi al governo costituiscono la spina dorsale del piano per la ripartenza messo a punto da Colao. Con una differenza: le proposte di Forza Italia sono ancora più ambiziose e dettagliate». E ieri Forza Italia ha presentato gli emendamenti al decreto Rilancio a sostegno dei Comuni per fronteggiare l'emergenza economica. Ma anche lo stesso Matteo Salvini rileva «molti punti» che «sono gli stessi proposti dalla Lega a marzo: taglio tasse, turismo e scuola, se anche la task force certifica che le proposte della Lega sono quelle che servono al Paese, speriamo che Conte almeno ascolti loro».
Per Giorgia Meloni il team ha lavorato del tutto «scollegato dal governo. I tecnocrati di Conte studiano soluzioni per eliminare il contante dalla circolazione. Quasi come avesse eseguito i consigli di Romano Prodi, la task force di Vittorio Colao propone di tassare i prelievi al bancomat»
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