Brescia In un teatro colmo di entusiasmo (e da 1.500 persone) il gotha del centrodestra arriva per accompagnare il candidato sindaco Fabio Rolfi nell'ultimo miglio della lunga corsa alla carica di sindaco di Brescia. Ed è qui che i leader decidono di tornare a personificare l'unità politica nazionale. Ci sono la premier Giorgia Meloni, il vice Matteo Salvini e il leader di «Noi Moderati» Maurizio Lupi. Il ministro e coordinatore di Fi Antonio Tajani è collegato da Oslo. Arrivano il presidente del Senato Ignazio La Russa e il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. Per la partita bresciana il dispiegamento di forze è massiccio. Sotto l'egida dell'accorato messaggio video di Silvio Berlusconi, le cui parole riecheggiano tra gli applausi nel teatro della Leonessa d'Italia, è proprio sulla compattezza che i leader puntano l'attenzione. Meloni ha sottolineato l'entusiasmo che ripaga ogni sacrificio: «È bello farlo insieme, con una coalizione di cui vado fiera. Con ministri e un governo di cui vado fiera. Con Salvini di cui vado fiera, con Berlusconi di cui vado fierissima, perché è vero un leone e gli mando un abbraccio. Non sono parole di circostanza». «La compattezza di una maggioranza - ha detto - è la velocità delle decisioni che si riescono ad assumere. Questo governo in sei mesi, nonostante una situazione difficile, è riuscito a fare tantissime cose».
L'obiettivo è riproporre la stessa ricetta vincente, insomma, e farlo proprio a Brescia. Perché è la seconda città della Lombardia, perché è il crocevia dei flussi migratori ma anche di grandi politiche economiche. Perché è a un tiro di schioppo dalla Milano europea e perché in Europa è il capoluogo della prima provincia industriale, la sesta in Italia per popolazione, con un Pil che supera quello di Malta e della Lettonia. Perché non è solo Capitale della Cultura 2023, ma anche uno dei centri del Made in Italy.
Qui prima che altrove l'attivismo dei cattolici si oppose al «non expedit» della Santa Sede che dichiarava inaccettabile la partecipazione dei cattolici alla vita politica. E Brescia è una città dove il cattolicesimo resta impregnato nel profondo del tessuto sociale e la Dc si è trasformata in una creatura a dieci teste e dove i moderati hanno e avranno un ruolo fondamentale. Ma è anche la città nella quale prese forma il primo «ramoscello» del futuro Ulivo. Per questo e tanti altri motivi, il di voto domani e lunedì la competizione di Brescia riveste un'importanza particolare. Il centrodestra punta a strappare al centrosinistra il capoluogo di regione Ancona, ma è anche sulla città lombarda che i riflettori della politica nazionale sono puntati. Per il Pd è importante mantenere il proprio feudo decennale, uno degli ultimi. Il centrodestra vuole invece dimostrare che l'unità ripaga anche a livello locale. Non a caso il candidato della Lega Fabio Rolfi appoggiato da Forza Italia, Fdi e Noi Moderati ha ribadito in più di un'occasione che si tratta di «un referendum per scegliere se stare al governo o stare all'opposizione». E ieri ha ripetuto: «Vincere qui sarà un segnale potente che riporterà il centrodestra a vincere in tutte le città lombarde». Brescia è un voto politico, ma è anche un test per mettere sugli stessi binari ente locale, regionale e governo centrale con l'obiettivo di dialogare sulle stesse frequenze. E lo fa capire anche Matteo Salvini: «Facciamo loro paura, tanto a Roma quanto in Lombardia e a Brescia.
Per questo parlano di ricostruzioni surreali su presunti litigi». E poi, da ministro delle Infrastrutture, traccia il solco sul futuro del Bresciano e della Lombardia Orientale: «Con Rolfi dialogheremo per costruire la metropolitana fino al Garda».
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