È la quiete dopo la tempesta, nel giorno del vertice di centrodestra tra i leader Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, in collegamento con Silvio Berlusconi. «Il centrodestra avrà una posizione unitaria in occasione del voto sullo scostamento di bilancio» assicurano i leader in un nota scritta. Dopo l'astensione concordata in commissione, oggi si tratta di votare in aula alla Camera e al Senato il quinto scostamento di bilancio. Al centro dei colloqui misure economiche e manovra, anche se sullo sfondo rimane sempre il tema delle amministrative.
Le fughe in avanti in realtà rimangono, come nel caso del Mes, in cui la Lega ha abbandonato la conferenza dei capigruppo come una specie di gesto dimostrativo, o le dichiarazioni della presidente di Fdi, Giorgia Meloni, sulle amministrative a Roma in cui ha definito Guido Bertolaso «uno dei possibili candidati». Parole a cui ha risposto in modo praticamente opposto Salvini: «Fra le tante persone valide, quello che più mi ha convinto è stato Bertolaso». Nulla di incendiario al momento, ma piccole micce che potrebbero appiccare di nuovo l'incendio appena sopito.
Sulla politica economica, viene confermato, le posizioni sono comuni, ribadite nelle ultime settimane in particolare da Silvio Berlusconi: difesa delle partite Iva e del lavoro autonomo, insieme al semestre bianco fiscale, le richieste principali che saranno declinate in proposte tecniche. «Nel corso dell'incontro è stata ribadita l'unità e la compattezza indiscutibile della coalizione» recita il documento comune dei tre partiti.
Lega, Fdi e Fi hanno poi dato mandato a un gruppo di sei esperti affinché preparino in grande fretta «il documento unitario con proposte comuni da presentare al governo e sulla quale chiederanno una risposta formale». Si tratta di Gilberto Pichetto e Renato Brunetta per Forza Italia, Giovanbattista Fazzolari e Francesco Lollobrigida per Fdi, Claudio Borghi e Alberto Bagnai per la Lega.
Nella maggioranza, però, non mancano i dubbi che questa compattezza formale con guizzi di ribellione sfoggiata dalla Lega in Parlamento in realtà miri a interrompere il dialogo col Mef sulle questioni concrete e definite già delineate da Berlusconi, definite «per il bene del paese» dal presidente di Forza Italia. «Il punto politico è uno solo e va detto chiaramente: la Lega ha l'allergia per il dialogo e impedisce alle forze parlamentari di svolgere un percorso unitario in un momento in cui è fondamentale la condivisione» dice il presidente dei senatori di Italia viva, Davide Faraone, in una specie di avviso lanciato a Forza Italia e Fratelli d'Italia. La questione riguarda appunto il comportamento di Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato, che ha lasciato la riunione dei capigruppo mentre era ancora in corso la discussione sul luogo migliore, se la commissione o l'aula, in cui avrebbe dovuto riferire sul Mes il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri.
Decisioni e azioni ad effetto che poi costringono gli alleati a inseguire la Lega su posizioni di forte critica, come è infatti accaduto a stretto giro di posta con Fdi: nonostante il capogruppo non abbia seguito il leghista Romeo nella fuga, Francesco Lollobrigida ha attaccato il governo sul Mes.
Un tema sul quale Forza Italia, come è noto, ha una posizione ben diversa, favorevole all'ottenere finanziamenti immediati della sanità a tassi molto più bassi di quelli di mercato.Si tratta di stili di opposizione diversi. Risultano aggressivi nei momenti più delicati e sollevano dubbi sulla reale volontà di mantenere canali aperti con il governo che portino a soluzioni concrete.
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