In principio fu una partita a scopone, ieri un auto stop. O meglio: aero-stop. Roma-Parigi, direzione olimpiadi. Dal Dc9 del mondiale 1982 di Sandro Pertini che riportò a casa la nazionale campione del mondo all'aereo presidenziale di Sergio Mattarella che ha dato uno strappo al portabandiera Gianmarco Tamberi con moglie e «grazie presidente per il passaggio». In mezzo, quarantadue lunghi anni che raccontano di medaglie conquistate e sconfitte, nello sport come nella vita, dove la vita è anche politica. Sport e istituzione, verrebbe da dire, con il primo che dipende dalla seconda e lo sa, mentre la seconda troppo spesso lo scorda o sottovaluta l'importanza dell'altro. Sport e politica come rete parallele e mai convergenti anche se ad unirle c'è da sempre qualcosa d'importantissimo, l'Inno, però anche questo si dimentica.
Su quei due aerei lontani nel tempo nessuno invece l'aveva e l'ha scordato. Messi in fila, questi quarantadue anni ci dicono quanto sia preziosa e unica la simbiosi che si è ora creata tra la più alta istituzione del nostro Paese e lo sport. In mezzo abbiamo avuto solo accenni e momenti, da Cossiga a Scalfaro, da Ciampi a Napolitano, istanti anche intensi ma che marcavano sempre la distanza esistente fra i due mondi, fra le due Italie. Ci sono voluti, prima, un presidente sanguigno uscito dagli orrori della guerra e della resistenza e, poi, un presidente che l'orrore l'aveva vissuto in casa quando il fratello Piersanti venne assassinato da Cosa Nostra. Non serve essere accomunati dai drammi per capire i giovani, ma il dolore offre sempre qualche chiave in più per aprire i cuori ed entrare in sintonia.
Roma-Parigi, direzione olimpiadi. Ieri sera cena con Macron, oggi cerimonia d'apertura ma prima di tutto pranzo al villaggio con gli azzurri. «Avete intorno a voi l'affetto di tutta l'Italia. Un affetto sincero che non dovete interpretare come una pressione, dovete gareggiare con la serenità che vi consentirà di esprimervi al meglio» gli ha ricordato Mattarella. Mentre il numero uno del Coni Giovanni Malagò faceva il proprio dovere di capo dello sport spronandoli per le gare che li attendono ma anche inevitabilmente caricandoli di extrapressione, «dobbiamo confermare quanto di straordinario abbiamo fatto a Tokyo», il capo dello Stato ha toccato con leggerezza il nervo nascosto nell'animo di ogni atleta: la pressione. Dimenticatela, gli ha fatto capire. «Le medaglie saranno importanti, ma lo sarà di più il senso dello sport che voi avrete». E poi il richiamo all'Inno, tentativo riuscito di far convergere le rette troppo a lungo rimaste parallele dello sport e dell'istituzione: «Abbiamo ascoltato l'Inno, è meglio sentirlo tante volte ma grazie a voi». E ancora, vicino, quasi protettivo, «saluto tutti, federazioni, tecnici, allenatori, assistenti, ma soprattutto voi, carissime atlete e carissimi atleti e non intendo infliggervi molte parole: sono convinto che ne riceverete in grande quantità in questi giorni».
Il presidente tifoso e «uno di noi» hanno pensato gli atleti, «anche se mi sento vagamente fuori età» gli ha letto nell'animo Mattarella. «Dovete gareggiare con serenità, con la tranquillità che vi consentirà di esprimervi al meglio. Avete un messaggio da dare: in un mondo così complicato, qui con atleti di tanti altri Paesi, potete mandare un messaggio di civiltà, di amicizia, di speranza di serenità internazionale. Le medaglie saranno importanti, ma più importante sarà quello che avete sempre dimostrato e dimostrerete: il senso dello sport».
Il presidente tifoso è quel qualcosa di raro che quando si rivela costruisce ponti; e cosa c'è di più importante di un ponte di giovani innalzato verso il futuro. Sarà così? Mentre Parigi vive blindata per la cerimonia di stasera, sperarlo è gratis e fa bene. E ogni medaglia che arriverà farà solo bene. Per cui godiamoci le rette convergenti, rispolveriamo l'immagine di Pertini, Bearzot, Zoff, Causio, pipe, carte e battute e ad essa aggiungiamo ora quella del presidente tifoso in tribuna all'Olimpico che torna una seconda a volta, e a titolo personale, a vedere l'atletica per applaudire questi ragazzi, i suoi ragazzi.
Aggiungiamo il passaggio regalato a Tamberi, il pranzo immerso fra i giovani azzurri al villaggio olimpico e le parole di Thomas Ceccon, primatista mondiale dei 100 dorso: «Avevo il presidente vicino, ha chiesto mi sa che vi ho un po' scombinato la giornata... e tutti gli hanno risposto ma no presidente no. Io invece l'ho guardato e beh, un pochino sì, presidente». Uno di loro.
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