La tv danese Dr ha persino creato una sorta di concorso a premi per esorcizzare il Covid. Non c'è dell'umorismo macabro nelle domande che vengono sottoposte ai telespettattori, ma il desiderio di mettersi alle spalle 548 giorni di restrizioni, di collocare nella giusta dimensione l'epidemia che non spaventa più di tanto e che non è più mortale. Ecco perché nella campagna di sensibilizzazione lanciata dalla premier Mette Frederiksen si leggono passaggi come «da adesso in avanti potrete sorridere alla vostra cassiera preferita del supermercato senza più dover immaginare la sua reazione». La Danimarca è quindi da ieri il primo Paese dell'Unione europea (il 29 settembre toccherà anche alla Svezia) ad abolire tutte le misure restrittive legate al Covid. Il sole torna a splendere persino nella nazione dove solitamente non scalda più di tanto e rimane basso in cielo. Persino le prime pagine dei quotidiani relegano il Covid in taglio basso, dedicando più spazio al caso di avvelenamento da fluoro dei bovini e al possibile ritorno in campo dell'interista Eriksen.
Il provvedimento che riporta la Danimarca al febbraio 2020 è legato all'alto numero di adesioni alla campagna vaccinale: più dell'80% delle persone sopra i 12 anni ha ricevuto due dosi. Troppo presto? Neppure per idea secondo Soeren Riis Paludan, professore di virologia all'Università danese di Aarhus. Uno dei pochi autorizzati a parlare durante il periodo di grande emergenza per evitare false speranze, o generare scenari apocalittici. «Abbiamo aperto una porta perché le condizioni generali lo consentivano. Non si è mai sottovalutata la situazione, tant'è che se fosse necessario, la porta potrebbe essere richiusa». Copenaghen ritiene che il Covid non sia più una malattia socialmente critica. Già il 27 agosto il ministro della Sanità Magnus Heunicke aveva annunciato che «l'epidemia è sotto controllo e anche se non ne siamo ancora fuori, i numeri ci indicano la strada delle riaperture».
Ad aprile la Danimarca era stato il primo Paese in Europa a imporre il certificato sanitario digitale per l'ingresso in bar, ristoranti, musei, impianti sportivi e teatri. Ma il punto di forza del ritorno alla normalità va ricercato nel successo del piano vaccinale che ha potuto eliminare le residue limitazioni. Dal 14 agosto la mascherina non era più obbligatoria sui mezzi pubblici e il 1° settembre sono stati riaperti i locali notturni e rimossi i limiti sulle assemblee pubbliche. Non era più obbligatorio mostrare il green pass per sedere nei ristoranti o andare allo stadio, nei centri benessere o dal parrucchiere.
Da ieri è rimasto l'obbligo di indossare la mascherina negli aeroporti, mentre è consigliata negli studi medici e negli ospedali. La distanza di sicurezza è raccomandata e sono previste restrizioni per gli stranieri che entrano nel Paese.
I contagi quotidiani, restano nell'ordine delle centinaia, e sono concentrati soprattutto fra i giovanissimi e in forma prevalentemente non grave, con un impatto sui ricoveri ospedalieri molto basso e un bilancio medio di morti giornalieri quasi azzerato. Nelle ultime settimane i casi si sono attestati intorno alle 500 positività (il 98% asintomatici), e a 5 decessi. Stiamo naturalmente parlando di una nazione di appena 6 milioni di abitanti, ma sono sempre numeri che hanno confortato l'esecutivo della signora Frederiksen.
Francois Balloux è il direttore dell'Ucl Genetics Institute e professore di biologia computazionale all'University College di Londra. Sollecitato sul «caso Danimarca», ha fornito le motivazioni che hanno condotto il governo di Copenaghen verso il libera tutti. «L'approccio danese è stato responsabile.
Si trattava di proteggere la vita, la libertà e l'economia allo stesso tempo. È un atto di bilanciamento non semplice, ma gli scandinavi sono riusciti a trovare un equilibrio costante che alla fine ha portato a risultati concreti».
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