Un decreto con nuove sanzioni contro le aziende che violano le condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, una banca dati nazionale sugli infortuni: all'incontro con Cgil, Cisl e Uil, ieri pomeriggio, Mario Draghi si è presentato con un pacchetto di proposte per «fermare la strage» denunciata dai sindacati. Se i capi sindacali, Maurizio Landini in testa, volevano trasformare il vertice a Palazzo Chigi in un confronto politico a tutto campo («Ci aspettiamo da Draghi un calendario preciso su fisco, pensioni e Pnrr, altrimenti siamo pronti alla mobilitazione», tuonava alla vigilia il capo Cgil), il premier si è attenuto con cortese fermezza all'ordine del giorno della riunione chiesta dai sindacati: la sicurezza del lavoro. Rinviando il resto a incontri successivi: «Non ha fatto nessun cenno al salario minimo», lamenta il capo Cgil. Né ha consentito che sul tavolo venissero mesi altri dossier, dal Pnrr al green pass.
Che l'incontro sul tema della sicurezza sia stato richiesto al premier, e non al ministro del Lavoro, è un tantino inusuale, spiega un dirigente sindacale di lunga esperienza: «Serviva a ottenere più visibilità politica». Ma il capo del governo non sembra intenzionato a lasciare grandi margini di manovra all'ansia di posizionamento politico del segretario della Cgil, che da giorni alimenta la narrazione di un nuovo blocco Pd-M5s-Cgil-Leu (benedetto ieri a pranzo da Prodi e financo dal capo delle Sardine, l'ineffabile Santori), in grado di fare da controcanto al premier e di imporre, reclamando la cogestione del Pnrr e dei suoi fondi, una propria agenda sociale molto di sinistra. Un vero e proprio fronte elettorale, basato sul matrimonio Letta-Conte, di cui il capo della Cgil si immagina levatrice, al punto da annunciare la nascita di «un nuovo progetto di paese».
Del resto Draghi sa che i sindacati restano divisi, con la Cisl che - pur evitando distinzioni pubbliche con la Cgil - si mostra assai più disponibile al dialogo col governo; e che le minacce di sciopero generale, in una fase di ripresa, lasciano assai fredde le fabbriche. Le stesse aperture tutte politiche di Landini al salario minimo, bandiera issata da Letta e Conte, non entusiasmano affatto i sindacati. Tanto che il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ricorda sornione che «gli stessi sindacati dicono che non è questa la strada, perché il rischio è quello della fuga delle aziende dalla contrattazione collettiva».
Anche l'offensiva del leader Cgil contro il green pass e a favore del tampone gratuito (cioè a spese della collettività) per i no vax è stata respinta con perdite. Non solo dal governo, con lo stesso Draghi che ha liquidato ogni illusione, ma anche dal Pd. Persino il ministro Orlando, vicino alla sinistra Cgil, ieri ha tagliato corto: «Si può ragionare su ipotesi di riduzione del costo, ma auspicare il tampone gratis significa dare un segnale politicamente sbagliato. E mi pare che anche il sindacato stia guardando oltre la proposta di Landini».
E pure il presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha tirato le orecchie al Landini novax: «Mi sarei aspettato che fossero proprio i sindacati a chiedere il green pass obbligatorio», ha detto, sottolineando i benefici del green pass, che «incentiva le vaccinazioni e riduce tantissimo il rischio di esposizione al virus», e bocciando l'obbligo vaccinale richiesto dal capo Cgil.
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