Purtroppo abbiamo vinto. Uso apposta la prima persona plurale per recuperare spiccioli di passione patriottica, severamente proibita dal gruppetto di capalbiesi che proprio non ce la fanno a sopportare un gol della nazionale di calcio o l'oro di un atleta azzurro ai Giochi. Bella gente che ingoia bile accorgendosi che fuori spunta e splende il sole, non quello dell'avvenire. È l'Italia dei contro, dei no tutto, dell'ego colossale, è l'Italia che deve fare i conti con i risultati dello sport, prima a Wembley, poi a Tokyo, vittorie a distanza che provocano assembramenti di passione e di persone.
La variante Italia funziona. Funziona nel football, funziona nell'atletica che dicesi leggera ma è così forte da avere rinfrescato le teste in una domenica canicolare. Appollaiati sui rami dell'intelligenza in esclusiva, distribuita soltanto nelle loro dimore e/o redazioni, emettono suoni cupi, quasi rantoli essendo costretti al godimento altrui, di un Paese diverso da quello vissuto, pensato, scritto e descritto. Scrivevano pochi giorni fa al sito del Fatto che «dovevamo stupire il mondo ma siamo stupiti dalle cocenti sconfitte»; a casa Gazzetta si storceva il naso per inammissibile carenza di ori. Allo stesso modo, qui e là si contano gli urrah quando la Ferrari finisce fuori pista, si odono risate quando Jorginho sbaglia un rigore, ma si segnalano fughe frettolose nel canneto quando Donnarumma para quello successivo. Nulla sanno della gamba ingessata di Tamberi ma si esaltano per il coming out della Boari, celebrano la Egonu ma se la portabandiera manda a dar via l'organo la rivale russa non scrivono una riga contro le volgarità della ragazza di colore. Non amano Mameli cantato sul podio, preferiscono Bella Ciao urlata in piazza, sono infastiditi da quest'estate di sport che finisce per nascondere gli scandali della politica, anche se in verità ci sarebbero quelli dei magistrati. Sono veri figli di papà che evitano giustamente il Papeete puntando alla festa dell'Unità, foglio storico, creato da Gramsci Antonio e finito da De Gregorio Concita, chiuso definitivamente per fallimento ma che resiste, resiste, resiste nelle sagre di partito, di popolo e di salamelle, senza cash back.
È un momento difficile, da alka seltzer e antiacidi vari, tutto questo ben di Dio di medaglie olimpiche e vittorie europee rischiano di ingigantire il governo multicolor, un vero peccato che tanta fortuna non sia capitata all'avvocato Conte, perché sarebbe stata da lui definita una potenza di fuoco e anche Arcuri Domenico sarebbe apparso simpatico, appalesandosi in pubblico, danzante su un banco a rotelle. Purtroppo quel tempo bello e vincente è passato prossimo e ormai remoto. Oggi i trionfi sportivi vengono sfruttati dai maligni al potere, gente cattiva e corrotta che meriterebbe un avviso di garanzia a prescindere. Mannaggia, abbiamo vinto due ori in un colpo solo, raccolti nel tempo di una mezzora in più che nemmeno Lucia Annunziata avrebbe potuto immaginare e adesso i tiggì si occuperanno dell'evento, del medagliere, dell'inno, del tricolore.
Non vedono l'ora che i Giochi si concludano, per tornare a rovistare nei cassetti dei cittadini. Ancora una settimana di preoccupazioni, forse di altre vittorie.
Meglio toccar ferro e tifare per Lukashenko, che sequestra la centometrista Timanovskaja che chiede asilo politico in aeroporto. Viva la Bielorussia comunista dove si inginocchiano, ma al presidente. E Mario Draghi impari come si fa.
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