"Chi non aderisce al concordato biennale non sarà perseguitato"

Il viceministro Leo rassicura le partite Iva. "Il gettito aggiuntivo per il taglio Irpef"

"Chi non aderisce al concordato biennale non sarà perseguitato"
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Le partite Iva che non aderiranno al concordato preventivo biennale non dovranno temere ritorsioni da parte dell'Agenzia delle Entrate. È quanto ha spiegato ieri il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo, nel corso dell'audizione sul dl Fiscale presso la commissione Bilancio del Senato. «Se un contribuente non aderirà al concordato e ritiene di essere nel giusto e di aver pagato le sue imposte non avrà nulla da temere. Non ci sarà un atteggiamento repressivo», ha rimarcato. Leo ha inoltre delineato la nuova strategia di accertamento e riscossione che partirà dall'anno prossimo. Lo stock ad oggi è di 1.247 miliardi di euro di cartelle. «Per il carico 2020-2024 abbiamo istituito una commissione, che deve dirci cosa dobbiamo fare. La strada può anche essere quella di individuare un soggetto pubblico che possa gestire questo stock in modo proattivo», ha puntualizzato. «Dal 2025 in poi cambia l'approccio. Se nei 5 anni l'Agenzia delle Entrate non riesce a recuperare il carico che viene affidato dall'ente impositore, il carico viene restituito; tutto deve svolgersi in un lasso temporale quinquennale», ha concluso.

Il viceministro ha sottolineato che il concordato comporterà «necessariamente un aumento di gettito» e che tutto quello che viene «è ben accetto». In ogni caso, quelle risorse sono già vincolate: serviranno per interventi sull'aliquota intermedia Irpef del 35%. Di qui la scelta di non disporre una proroga rispetto alla scadenza del 31 ottobre. «Avremmo voluto dare più tempo ai contribuenti ma il nostro obiettivo era quello di vedere le risorse che verranno da questa misura per lavorare sulle aliquote. Sappiamo che oggi abbiamo un meccanismo Irpef a tre aliquote e sappiamo che il ceto medio si sta impoverendo, la nostra volontà è di vedere da queste risorse di lavorare sulla famosa aliquota del 35% e vedere di abbassare per venire incontro al ceto medio», ha spiegato precisando che «se non abbiamo il dato puntuale entro il 31 ottobre, non siamo in grado di poter intervenire immediatamente in legge di Bilancio». I risultati arriveranno entro la prima metà di novembre. «Bisogna dare tempo all'Agenzia delle Entrate di elaborare tutti i dati, consideriamo una decina di giorni massimo», ha detto.

Il tax gap, ossia la differenza tra imposta attesa e quella effettivamente versata, si attesta sui 65 miliardi l'anno. Ecco perché è necessario un cambio di strategia. «Il tax gap non nasce adesso ma affonda le radici nel tempo ed è legato alla metodologia di accertamento», ha ricordato Leo precisando che «abbiamo voluto invertire la rotta, fare in modo che via sia un dialogo ex ante, lo facciamo con il concordato e attraverso la cooperative compliance per le imprese più strutturate».

Il recupero di gettito è fondamentale in un momento in cui l'economia italiana ha segnato uno stallo parziale. Nel terzo trimestre del 2024 l'Istat ha stimato che il Pil sia rimasto stazionario rispetto al trimestre precedente e sia cresciuto dello 0,4% rispetto al terzo trimestre del 2023. Si tratta di un dato inferiore alle attese degli analisti che prevedevano un +0,2% congiunturale e un +0,7% annuale. La battuta d'arresto è dovuta a fenomeni già noti, per certi versi. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell'agricoltura sia in quello dell'industria e di un aumento in quello dei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta.

Insomma, stante la revisione al rialzo delle serie 2021-2023, che hanno inciso su questa stima, il settore primario e il secondario continuano a essere in affanno. La crescita acquisita per il 2024, secondo l'Istat, si attesta allo 0,4%. Per centrare un risultato migliore servirà un ultimo trimestre in grande spolvero.

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