È davvero cominciata la Strafexpedition nei confronti del governo Renzi, sempre più assediato, anche all'interno del Partito democratico. A cento anni dall'offensiva contro gli italiani da parte delle truppe austriache sugli altipiani vicentini conclusasi proprio il 27 giugno 1916, un secolo fa, c'è aria di una novella spedizione punitiva anti-Matteo. Se sinistri scricchiolii sempre più assordanti si erano avvertiti una settimana fa, dopo l'esito dei ballottaggi, una mezza Waterloo per il premier, adesso si è aggiunta l'onda d'urto della Brexit inglese che è diventata un atto d'accusa contro tutti i partner europei insensibili al grido di dolore proveniente dal continente intero e non solo dal Regno Unito.
In cinque giorni, il premier ha così, dovuto incassare un micidiale uno-due che l'ha lasciato con le ossa rotte. Oggi cerca di correre ai ripari andando a fare visita ad Hollande e alla Merkel per affrontare l'emergenza Ue: troppo tardi, perché questi vertici avrebbero dovuto essere tenuti prima della scelta inglese, quando c'erano ancora margini di manovra per fare passare il Remain. I leader europei, invece, attenti solo al loro particulare, hanno finito per prendere sottogamba il voto di Londra e solo dopo i guasti del 23 giugno cercano in modo confuso e maldestro di correre ai ripari. A partire proprio da Renzi che si è reso conto come Brexit rischi di diventare, indirettamente, il colpo di grazia per i sostenitori del «Si» ai referendum costituzionali d'autunno. Se le sconfitte amministrative avevano assestato una botta alla baldanza renzeide, da venerdì mattina nelle segrete stanze dell'esecutivo hanno cominciato ad avvertire un tremolio che potrebbe anche diventare presto un terremoto. Tanto che il presidente del Consiglio avrebbe già cominciato a prospettare ai suoi collaboratori l'eventualità di rinviare l'appuntamento d'ottobre.
I motivi per cambiare tattica e per prendere tempo sono evidenti: con l'uscita britannica, sono destinati a rafforzarsi anche in Italia i partiti anti-Europa, a tutto vantaggio degli avversari più acerrimi del premier. Un rinvio sarebbe giustificato dal fatto che le turbolenze dei mercati potrebbero proseguire anche dopo l'estate: meglio, dunque, dare la precedenza al varo della Finanziaria di fine anno. Insomma, a Palazzo Chigi e dintorni, dopo avere attribuito un significato politico eccessivo alla tornata autunnale, cominciano a fare marcia indietro. I nostri leader lucertoloni fanno presto a cambiar pelle.
Ma, in questi giorni, non si muove solo Renzi. Anche l'opposizione interna nel Pd comincia a scaldare i motori perché, per la prima volta da due anni e mezzo a questa parte, tra Roma, Torino e Londra, si intravvedono margini di manovra per liberarsi dal giogo renziano, magari con le elezioni anticipate nella primavera del 2017. Se fino a ieri era andata in onda la solita telenovela sul fatto che, tanto, non c'era una valida alternativa al putto di Firenze, adesso un destino così ineluttabile appare meno ineluttabile. E c'è chi, all'interno del partito di maggioranza, starebbe preparando un ritorno di Enrico Letta che, novello Cincinnato, potrebbe lasciare i suoi studi accademici parigini per ributtarsi nell'agone politico romano. Fantapolitica? Di questi tempi, nulla è scontato: basta guardare cosa è successo in Gran Bretagna.
Se son rose (di Enrico) fioriranno, ma al Quirinale non c'è più un re che designi premier infischiandosene dell'investitura popolare. Consiglieremmo solo a Letta, considerando i precedenti, di evitare di scrivere: Matteo stai sereno! Qui, ad essere sereno, non c'è proprio più nessuno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.