Chi vuole la pace non passa per i dazi

Lavorare per una pacificazione generale e avviare "guerre commerciali" non ha alcun senso

Chi vuole la pace non passa per i dazi
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Il dibattito sulla guerra e sui dazi presenta contraddizioni speculari. Semplificando, da una parte c'è chi ritiene che si debba fare tutto il possibile per arrivare a individuare una conclusione ragionevole alla guerra russo-ucraina, ma al tempo stesso introduce dazi crescenti e assurdi ostacoli agli scambi.

Talvolta si può anche immaginare qualche eccezione strumentale in tema di barriere commerciali, se questo può servire a ottenere qualche specifico risultato: come nel caso della pretesa degli Stati Uniti di indurre il Messico a controllare meglio le frontiere. Se non si vuole restringere le libertà di tutti e indirizzare il mondo verso una crescente conflittualità, deve però essere chiaro che non vanno alzate barriere dinanzi alla volontà di singole e imprese di cooperare liberamente. Lavorare per una pacificazione generale e avviare «guerre commerciali» non ha alcun senso.

Al tempo stesso, quanti oggi attaccano Trump perché colpisce i prodotti europei dovrebbero essere consapevoli che l'Unione europea è da decenni in guerra commerciale con mezzo mondo (poiché ha costruito logiche autarchiche in vari settori) e che il bellicismo delle leadership europee è assai più pericoloso di qualsiasi ostacolo alla circolazione delle merci.

In tal senso, andrebbe recuperato un po' del buonsenso e del realismo politico che caratterizzarono larga parte della politica estera del dopoguerra: da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi, per capirsi. In passato si è stati in grado di tenere buone relazioni con satrapie arabe o regimi socialisti non certo per cinismo, ma in ragione di un senso di responsabilità che tendeva a costruire nuovi ponti invece che a far saltare quelli vecchi. Le ideologie trascinano verso i disastri, mentre mostrare attenzione alle forze in gioco aiuta a cercare compromessi ragionevoli.

Nelle guerre è minacciato il fondamentale dei diritti inviolabili: quello alla vita. Per giunta, i conflitti sono occasioni straordinarie per gli Stati, che moltiplicano i loro poteri e dilatano il raggio d'azione, svuotando anche gli altri diritti. Quando c'è uno scontro militare, perfino costringere qualcuno a combattere contro la sua volontà è largamente accettato e salvo rare eccezioni non suscita scandalo né proteste.

Impegnarsi per una pace che rispetti al meglio i diritti e gli interessi di tutti è dunque fondamentale. Lo è anche evitare che le logiche da Risiko amputino la libertà di chi vuole soltanto vendere oppure comprare. Come non fu sensato (e si rivelò inefficace) limitare gli scambi tra i produttori occidentali e quelli russi, è analogamente assurdo che Donald Trump sbarri la strada ai commerci atlantici e Ursula von der Leyen rincari la dose.

Oltre a ciò, è bene che s'allarghi il fronte di chi vuole oltre alla libertà

dei commerci pure una crescente pacificazione, evitando la costruzione di quei nemici assoluti che conduce alle guerre totali. Libero commercio e pace procedono assieme e non si può ricercare l'uno senza difendere l'altra.

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