
I membri dell'amministrazione Usa continuano a difendere in tv i dazi di Donald Trump, mentre i big della Corporate America sarebbero volati a Mar-a-Lago per tentare di convincere il presidente a fare un passo indietro ed evitare il rischio di una guerra commerciale globale. Un gruppo di leader del settore tecnologico e finanziario americano - stando alle fonti di Cnbc - vuole parlare con il tycoon nel tentativo di «riportarlo alla ragione» dopo l'annuncio del Liberation Day di mercoledì scorso. La mossa sottolinea la crescente opposizione interna alle politiche tariffarie, che hanno già iniziato a influenzare l'economia con il crollo del mercato azionario. La giornalista Kara Swisher ha citato diverse fonti che le hanno riferito come i leader del tech e della finanza abbiano intenzione di leggere a Trump il Riot Act, ovvero «parlare di buon senso», sui dazi. «Le loro donazioni da milioni di dollari per l'insediamento, in questi giorni si stanno trasformando in miliardi e presto in migliaia di miliardi di perdite», ha aggiunto.
Intanto alcuni dirigenti dell'amministrazione Usa hanno difeso i dazi spiegando che la mossa voluta da The Donald ha innescato un'ondata di richieste di negoziazioni da parte dei partner commerciali colpiti dalla stangata tariffaria. «Abbiamo 50 Paesi che stanno bruciando le linee telefoniche della Casa Bianca», ha detto la segretaria all'agricoltura Brooke Rollins alla Cnn. «E probabilmente anche il cellulare del presidente e di Howard Lutnick», il segretario al commercio, ha aggiunto. Il ministro del Tesoro Scott Bessent, invece, ha ribadito che spetta a Trump decidere se negoziare o meno sui dazi, ma ha messo in guardia dall'aspettarsi accordi rapidi. «Come solo lui sa fare, in questo momento ha creato la massima leva per se stesso - ha spiegato in un'intervista a Nbc - Più di 50 Paesi hanno contattato l'amministrazione per abbassare le loro barriere commerciali, le loro tariffe, fermare la manipolazione valutaria. Sono stati cattivi attori per molto tempo, e non è il genere di cose che si possono negoziare in giorni o settimane». Bessent - che secondo alcune fonti starebbe pensando di dimettersi dopo il disastroso annuncio che ha danneggiato la sua «credibilità» - pubblicamente ha minimizzato il rischio di inflazione, dicendo che c'è differenza tra un «adeguamento dei prezzi una tantum» come risultato di tasse di importazione più elevate e aumenti dei prezzi «costanti».
Intanto, la proposta per limitare i poteri sui dazi di Trump ha già sette co-sponsor del Grand Old Party al Senato. A introdurre il disegno di legge sono stati Chuck Grassley, importante membro repubblicano dell'Iowa, e la democratica di Washington Maria Cantwell: la misura richiederebbe al presidente di notificare al Congresso entro 48 ore l'imposizione di imposte doganali, e Capitol Hill dovrebbe approvare esplicitamente qualsiasi nuova tariffa entro 60 giorni. È altamente improbabile che il disegno passi, ma il sostegno di Grassley, che presiede la Commissione giudiziaria, siede nella Commissione finanze ed è il terzo in linea per la presidenza ad interim della Camera Alta, invia un forte segnale sul crescente disagio del Gop per le azioni del comandante in capo e sulla volontà del partito di intervenire al riguardo.
Peraltro, solo pochi giorni fa, quattro repubblicani in Senato si sono uniti ai dem nell'adottare una risoluzione che annulla la dichiarazione di emergenza usata dal tycoon per giustificare nuovi dazi contro il Canada, in particolare quelli legati al traffico di fentanyl.
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