Ci riprovano: "Un Cln per fermare le destre"

Dal Manifesto al Fatto, rimbalza l'improbabile mobilitazione antifascista

Ci riprovano: "Un Cln per fermare le destre"

Che fare? Il Comitato di liberazione nazionale, ovvio. Come in un eterno riflesso ideologico-pavloviano, la sinistra dà sfogo alla sua ossessione per le «destre». E si cimenta con la sola cosa che conosce. Immagina un fascismo incombente e risponde col solito antifascismo di maniera, confuso, velleitario, e - con tutto il rispetto - pure un po' patetico. L'ennesima riedizione del Cln parte dal Lazio, dove la storica battaglia in vista, è quella per fermare la perniciosa avanzata del presidente della Croce rossa, Francesco Rocca, ora candidato alla guida della Regione col sostegno del centrodestra. Eccitata da un sondaggio che dà Rocca al 42% e gli altri - se uniti - sopra il 50%, la sinistra «radicale», ma potremmo tranquillamente definirla comunista, si mobilita per convincere Pd e 5 Stelle a mettersi insieme, per non lasciare il Lazio, e con esso il Paese, alle terribili «destre».

I vecchi-nuovi partigiani, mobilitati, mettono fra parentesi il voto politico degli italiani, e anche il percorso istituzionale condotto dal presidente della Repubblica e consacrato dal voto di fiducia del Parlamento, che ha varato un governo politico che è nato con tutti i crismi della legalità costituzionale.

Tutte quisquilie borghesi. In un'intervista sobriamente intitolata «Un comitato di liberazione contro le destre», è Luciana Castellina a chiamare a raccolta le energie antifasciste del Paese. Non c'è tempo da perdere: «Il Pd parla ogni due minuti di antifascismo - sottolinea la giornalista - però poi organizza e tiene le manifestazioni da solo». «Se si è antifascisti - sbotta - la prima cosa da fare è organizzare un comitato di liberazione nazionale». E di antifascismo, Castellina se ne intende, fin dal Dopoguerra. Di quell'antifascismo a senso unico che è tipico della storia novecentesca dei comunisti italiani. «Nel 1947 - recita la sua biografia - partecipò al primo Festival della Gioventù a Praga e in quello stesso anno si iscrisse al PCI». Prima funzionaria della Fgci, prese parte dell'epopea del «Manifesto», quindi aderì al Psiup, a Democrazia proletaria e infine a Rifondazione comunista e ai Comunisti unitari, tutte sigle ostinatamente contrarie a un'evoluzione socialdemocratica e liberale della sinistra italiana. Oggi Castellina rimprovera a Meloni di non aver «fatto autocritica sul fascismo». E, confusamente, anche di portare avanti «la politica di Mario Draghi, sia sull'economia sia sulla guerra».

Quelli del Pd e di Azione non sarebbero d'accordo. Eppure proprio a loro si rivolgono i «partigiani» del 2022; a loro e ai grillini, nella speranza che vadano d'accordo: «Pur di fermare le destre va bene anche un campo largo, anzi larghissimo» dice Castellina. E proprio dalle colonne del Manifesto prende forma questo appello, che Castellina ha firmato con altri 3mila quasi, fra i quali Fabrizio Barca, Tomaso Montanari, Christian Raimo e il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi. «Non lasciamo il Lazio alla destra» si legge nel documento rivolto a sinistra, progressisti e ambientalisti. «La scelta incomprensibile di presentarsi divisi contro il candidato dell'intero centrodestra Francesco Rocca - recita l'appello - rende sostanzialmente inutile la competizione elettorale del 12 febbraio nella Regione Lazio. E in qualche caso chi ha preso questa decisione si prepara persino a festeggiare cinicamente la propria sconfitta».

Ma «questa scommessa elettorale autolesionista - avvertono - sarà però pagata da cittadine e cittadini del Lazio. Che vedono un'intera classe dirigente lasciare alla destra settori chiave come la sanità pubblica, l'ambiente, i trasporti, la formazione, il welfare».

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