Cibo, tv e sveglia tardi: l'Italia del lockdown è diventata più pigra

Un report dell'Istat fotografa i giorni in casa tra fornelli, news, social, lettura e bambini

Cibo, tv e sveglia tardi: l'Italia del lockdown è diventata più pigra

Ora che siamo tornati alla normalità, nuova o quasi nuova, ora che siamo tornati i soliti str...i, che siamo tornati a parcheggiare in seconda fila e a non cedere il posto in metropolitana alla signora anziana con le buste della spesa (ché i posti utilizzabili sono la metà e quindi valgono il doppio), possiamo interrogarci: che cosa siamo stati durante il lockdown?

A livello esistenziale la domanda è impegnativa e nessuno di noi potrà rispondere a cuor leggero prima di aver «storicizzato» i mesi incredibili che ci siamo lasciati alle spalle e che ci lasciano come cicatrici le mascherine, le distanze da mantenere, gli amori naufragati e i posti di lavoro evaporati. A un livello più quotidiano ci ha pensato l'Istat a «sviluppare» la fotografia scattata nelle tre settimane tra il 5 e il 21 aprile, con il report «Fase 1: le giornate in casa durante al lockdown». Che raccontano di quando il divano era il nostro orizzonte e la spesa al «super» l'evento della giornata.

Abbiamo cucinato di più, mangiato di più (e si vede), dormito di più e dedicato più tempo ai figli, perché i figli ce li abbiamo sempre avuto, ma il tempo no. Forse non c'era bisogno che ce lo raccontassero i signori della statistica, tutto questo. Basterebbero gli aneddoti tutti uguali che ci stiamo scambiando inesorabilmente in queste prime cene «libere», a casa o nei ristoranti senza il temuto plexiglas. Epperò è divertente «pesare» quello che tutti abbiamo vissuto sulla bilancia della fenomenologia, che su quella del bagno è meglio non salirci per un po'.

Incominciamo da dove tutti incominciamo di mattina, dalla sveglia. Che il 23 per cento degli uomini e il 17,6 delle donne ha regolato più tardi, mentre il 36,8 per cento dei «carcerati» e il 30,8 per cento delle «carcerate» pur non spostando le lancette ha comunque ammesso di essersela presa più comoda. Iniziata la giornata abbiamo diviso il nostro tempo tra l'informarci sull'epidemia attraverso tutti i device possibili (93,6 per cento) e sua maestà la tv (92), preferita naturalmente dalla popolazione più anziana (il 96,2 per cento degli over 65 l'ha praticamente tenuta accesa fissa). In ogni caso il 45,9 per cento ha ammesso di aver trascorso più tempo davanti al piccolo schermo.

Poi ci sono stati i contatti sociali, che tra meme, paure e aperisocial hanno occupato un bel pezzo delle nostre giornate. Tre italiani su quattro hanno sostituito i contatti fisici con parenti e amici con quelli virtuali. Il 62,9 per cento degli intervistati ha sentito telefonicamente o con videochat i «congiunti» (ahah). In questo caso la proporzione si rovescia e le donne (68,4 per cento) battono gli uomini (57). Quanto agli amici, il 63,5 per cento di chi li ha sentiti ha dedicato loro più tempo del consueto (il 59,6 per i parenti). Gli italiani assicurano di aver anche riscoperto la lettura, a cui si sarebbe dedicato il 62,6 per cento della popolazione, e non crediamo che l'Istat si riferisca alle istruzioni delle mascherine. Si tratta del 64,5 per cento degli uomini e del 60,8 per cento delle donne, anche se quando si parla di libri le donne (30,8) tornano in testa sugli uomini (22,7). Il 40,9 per cento ha letto almeno un quotidiano, ma solo uno su dieci ha sfogliato una copia cartacea, il resto (ahinoi) ha preferito la versione digitale.

Capitolo tavola. Il 27 per cento degli italiani ha dedicato più tempo ai pasti, soprattutto tra i più giovani, (41,8 per cento nella forbice di età 25/34). Un quarto della popolazione ha mangiato di più, i giovani soprattutto (39,5).

Ci siamo occupati di più della nostra igiene (20 per cento, ma 23,6 delle donne), abbiamo cucinato di più (il 63,6 per cento del campione lo ha fatto ma l'82,9 per cento delle donne e il 42,9 degli uomini), mentre l'85,9 per cento delle persone con figli tra 0 e 14 anni si è occupato dei rampolli (e chi avrebbe dovuto farlo?) e nel 67,2 per cento dei casi con un impegno temporale maggiore. Questo eravamo quando eravamo divanisti.

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