Chissà se sia stata l'asserzione esplicita del ministro Giancarlo Giorgetti, in missione a Washington, su autosufficienza energetica e nucleare pulito a scatenare di nuovo il dibattito sulle soluzioni da adottare per fare fronte alle nuove necessità del fabbisogno nazionale. Fatto sta che, di rimando, anche il suo collega Roberto Cingolani ha decretato di non essere un fan del nucleare ma certo, di non condannarlo. Il ministro della Transizione ecologica, designato dai Cinquestelle e poi discostandosi dai suoi sostenitori, ha avvalorato la posizione declinando tempi e modalità per l'autosufficienza energetica alternativa: «Dieci anni per avere una buona percentuale di rinnovabili nell'energy mix sono necessari: in questi 10 anni la transizione deve essere supportata, serve un mix con gas e altre forme di energia». Ha detto Roberto Cingolani, a Digithon 2021, ricordando che: «Oggi produciamo circa un terzo dell'energia necessaria da fonti rinnovabili: ma la quantità di potenze elettriche in rinnovabili richiede anni. Il piano italiano per i prossimi 9 anni è di più che raddoppiare la potenza elettrica prodotta da solare ed eolico: vuol dire 70 mld di watt di impianti e questo sforzo enorme vuol dire installare decine di km quadrati di impianti solari, pale eoliche alte 200 metri, impianti offshore, con problemi di permessi ambientali e paesaggistici, infrastrutture enormi. Tutto questo si fa ma non in due mesi». Quanto invece all'energy mix il fisico ha rimarcato quanto «l'alto prezzo del gas pesa per l'80% sulla bolletta, mentre il restante 20% di aumento dipende dall'aumento dell'anidride carbonica». Ed ecco perché la scialuppa di salvataggio del nucleare pulito potrebbe veder riaprire un varco possibile. «La chiusura delle centrali nucleari è avvenuta per via dell'incidente di Fukushima, sull'onda anche un po' emotiva, però la cosa più urgente in questo momento è chiudere le centrali a carbone, entro il 2025. In questo momento il nucleare inquina di meno, la priorità è togliere il carbone» ha spiegato Cingolani commentando il dibattito in corso in Germania sulla chiusura delle centrali nucleari. «Io non sono un fan del nucleare però non sono nemmeno uno che condanna il nucleare e non sono fan di nessuna tecnologia. Però essendo uno scienziato - ha precisato - la soluzione ancora non l'abbiamo ma se smettiamo di studiare, di fare ricerca e innovazione certamente la soluzione non viene da sola».
Insomma ci risiamo. Esattamente come un mese fa, quando lo stesso Cingolani citando il nucleare si scontrò subito con gli antinuclearisti tant'è che fu costretto a fare retromarcia rammentando i due referendum prima del 1987 e poi del 2011 con cui furono abrogate alcune disposizioni sull'energia nucleare. A oggi a rispondere a Cingolani arriva Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde, che evidenzia la necessità dell'Unione Europea di dire basta al nucleare francese mentre in Italia «tutto diventa strumentale per disorientare l'opinione pubblica, anche il nucleare».
Più morbido il commento del sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, a margine della plenaria della conferenza sul futuro dell'Europa: «Credo abbia perfettamente ragione il ministro Cingolani.
Non dobbiamo precluderci la possibilità di considerare, studiare, fare ricerca su altre opzioni diverse da quelle che abbiamo conosciuto fino a oggi di utilizzo del nucleare per produzioni energetiche che possono aiutare e supportare la conversione ecologica».
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