Ciro Grillo e lo stupro: niente rito abbreviato, rischia fino a 12 anni

Iter ordinario per il figlio del garante M5s e i 3 amici. La lunga riunione legali-genitori

Ciro Grillo e lo stupro: niente rito abbreviato, rischia fino a 12 anni

Scelta, in un certo senso, coraggiosa. Rinunciare al rito abbreviato che prevede uno «sconto» sicuro (pari, in caso di condanna, a un terzo della pena) per seguire la strada del processo ordinario: un percorso più lungo e, soprattutto, rischioso in termini di eventuale «pesantezza» della sentenza. Ma evidentemente Ciro Grillo e i suoi tre amici - ritenendosi innocenti - confidano in un verdetto di assoluzione che li faccia uscire con la fedina penale pulita dalla causa in cui sono accusati di violenza sessuale di gruppo (reato che prevede dai 6 ai 12 anni di carcere) nei confronti di una studentessa italo-norvegese. La decisione dei quattro imputati (Ciro Grillo, figlio del leader del M5s; Vittorio Lauria; Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia) verrà comunicata ufficialmente lunedì prossimo al giudice dell'udienza preliminare di Tempio Pausania al momento del rinvio a processo. La scelta è giunta a conclusione di un summit familiare cui hanno partecipato i quattro giovani, i loro genitori e gli avvocati del collegio di difesa. I fatti contestati si riferiscono al 17 luglio del 2019 (cioè pochi giorni prima dell'entrata in vigore del «codice rosso» che ha ulteriormente inasprito la pena - innalzandola da un minimo di 8 anni a un massimo di 14 - per i reati di violenza sessuale) e rimandano alle fasi drammatiche di un dopo-discoteca in Costa Smeralda concluso a casa del figlio del garante dei Cinquestelle. Qui, secondo l'ipotesi della Procura di Tempio Pausania, Ciro Grillo e i suoi amici («ciascuno con ruoli e modalità differenti, ma accomunati da un medesimo piano criminoso», scrive il pm) avrebbero abusato della ragazza che, «dopo essersi ripresa dallo choc», ha denunciato alle forze dell'ordine lo «stupro subìto». All'epoca dei fatti gli imputati erano tutti 19enni, la stessa età di Silvia, la ragazza che con la sua querela ha fatto scattare le indagini. Insieme a lei, quella notte nell'abitazione di Grillo, c'era anche la sua amica Roberta: lei dormiva sul divano e non si accorse né della presunta violenza patita da Silvia né dei video e delle fotografie oscene fatte dai ragazzi a entrambe. Una brutta storia che lo stesso Beppe Grillo, nel goffo tentativo in tv di ridimensionare le responsabilità penali del figlio, ha contribuito a trasformare in un «caso politico» che ha fatto il giro del mondo. Del resto, la situazione era paradossale: il fondatore del partito più giustizialista d'Italia che attaccava la procura di Tempio Pausania «colpevole» di aver messo sotto inchiesta un «innocente», cioè suo figlio Ciro. Un video imbarazzante in cui Beppe Grillo urlava la propria rabbia col volto paonazzo, sostenendo la surreale tesi del «complotto politico-giudiziario». Intanto la procura inquirente aveva formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio, sul quale lunedì si esprimerà il gup. Entro il 20 ottobre le parti avrebbero indicato se optare o meno per il rito abbreviato oppure ordinario e, dopo un ripensamento durato mesi, si è scelto il secondo. Una strategia processuale - come già detto - temeraria, ma inevitabile se alla sua origine c'è la, legittima, convinzione di essere «completamente estranei ai fatti contestati». Del resto, la posizione univoca dei ragazzi è nota: quella notte «non ci fu nessuna violenza o abuso sessuale ai danni della 19enne», ma si trattò di un «rapporto consenziente» giunto al termine di una serata con fiumi di alcol.

La scelta di rinunciare all'abbreviato in favore del rito ordinario è stata quindi condivisa, in modo trasversale, da tutti e quattro gli imputati. Forse nella convinzione (o speranza) che, pure sul campo del «gioco» penale, l'unione fa la forza.

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