Il sottosuolo di Gaza è un dedalo di tunnel, centri di comando e controllo, officine per produrre missili e arsenali. Il più importante, secondo l'intelligence israeliana, è quello dei 30.000-50.000 missili nascosti lungo tutta la Striscia. Spesso le preziose santabarbare sono ricavate sotto una scuola costruita dall'Onu oppure una moschea. Nella guerra del 2008-2009 un centro di comando si trovava sotto il principale ospedale di Gaza city.
Nelle prime 12 ore dell'11 settembre israeliano sono stati lanciati 2200 missili da Gaza, ma hanno ancora a disposizione un numero venti volte superiore. Ed il sospetto è che sotto terra sia continua la produzione in casa dei razzi, che lanciano ogni giorno.
La cittadella militare sotterranea di Gaza è divisa in compartimenti separati in maniera tale che se viene individuata e colpita una sezione, il resto rimane operativo. Il sistema elettrico e di areazione è garantito da generatori, indipendenti dalla corrente esterna tagliata da Israele. Non mancano i depositi di viveri, acqua e munizioni. Mine o trappole esplosive sono già state piazzate in vista dell'attacco di terra. Basta innescarle, ma si temono anche altre sorprese con materiale bellico più sofisticato come missili anti nave, moderne armi anticarro e sistemi a spalla, che fanno impazzire i droni, già in mano ad Hezbollah in Libano.
La vera forza, sviluppata nel tempo, è quella dei missili terra terra. All'inizio venivano contrabbandati segretamente dall'Iran, come il Fajr 5 che arriva fino a 75 chilometri e l'M 302, dalla Siria, 180 chilometri di gittata, che può raggiungere in profondità Israele. Poi hanno capito che era più semplice fabbricarli in casa. Esperti di Hezbollah e dei Pasdaran hanno addestrato i miliziani di Hamas non solo alla costruzione dei missili, ma alla tecnologia necessaria per renderli più precisi e devastanti.
I primi, imprecisi, sono stati i Qassam con gittate minime fino a 20 chilometri, ma lanciati a sciami possono saturare un'area. E soprattutto sono facili e veloci da lanciare sull'obiettivo. Un solo uomo li piazza su un lanciatore già predisposto e fino all'ultimo camuffato, magari in un cortile in mezzo alle case o fra gli arbusti non lontano dalla barriera metallica israeliana.
Nel corso del tempo Hamas ha sviluppato la tecnologia missilistica fatta in casa con gli A-120 e J-19, fra 120 e 90 chilometri e poi l'R-160 che arriva a 160 chilometri. «L'aumento della gittata è stato seguito da tattiche di saturazione. Invece che lanciare un paio di razzi tirano salve di 400 missili al giorno» spiega Akram Kharief, un esperto di sicurezza. Un'offensiva missilistica che mette in difficoltà l'Iron dome, il sistema di difesa israeliano, per non parlare dello sbilanciamento dei costi. Un vettore antimissile vale almeno 60mila dollari rispetto al razzo che può intercettare e costato ad Hamas appena 2mila dollari.
L'11 settembre israeliano ha dimostrato anche una nuova potenzialità degli integralisti: i droni a cominciare dagli Al Zawari, dal nome di uno specialista tunisino di questa tecnologia ucciso dal Mossad. Assieme ad altri droni kamikaze, come gli al Shabab, hanno distrutto carri armati Merkava, torri di controllo e favorito la caduta del comando di divisione sud di Israele. I più piccoli, con 5 chilogrammi di esplosivo, vengono lanciati a sciami grazie a delle catapulte.
L'intelligence israeliana conosceva bene questi arsenali.
Il 4 ottobre la Jihad islamica palestinese è sfilata a Gaza con migliaia di uomini ed i loro missili migliori. Un portavoce della brigata Al Quds, la costola militare, spiegava tranquillamente: «I nuovi missili Buraq hanno una gittata di 85 chilometri ed i Badr 3 migliorati possono portare una testata esplosiva di 400 chili».
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