Cloni da compagnia

Boom di cliniche dove da una cellula si può riprodurre una copia esatta di cani e gatti scomparsi. Si parte da tremila euro. Ma c'è chi si indigna

Cloni da compagnia

Nel 1996, a Edimburgo, l'annuncio della clonazione della pecora Dolly colse di sorpresa tutta la comunità scientifica mondiale, rappresentando un punto di svolta nella ricerca medica internazionale, poiché fu evidente che tale processo di ingegneria biologica avrebbe potuto aprire scenari mai visti e potenzialmente apocalittici per la possibilità concreta di trovare applicazione anche sull'essere umano. In realtà la clonazione è un fenomeno riproduttivo già presente in natura, come nel caso dei gemelli monozigoti, ovvero individui con un patrimonio genetico identico, e quindi considerati cloni uno dell'altro, ma concepiti e nati naturalmente, mentre nessuno scienziato al mondo fino alla nascita di Dolly aveva provato a sfidare Madre Natura in modo così innaturale e spregiudicato.

La clonazione artificiale infatti è una procedura con cui, partendo da un originale, si riproducono una o più copie identiche dello stesso, con le stesse caratteristiche genetiche. Il metodo consiste nel trasferire in un ovocita (l'ovulo femminile che nella riproduzione sessuata viene fecondato da uno spermatozoo per dare inizio allo sviluppo di un embrione con patrimonio genetico di entrambi i genitori) prelevato dalle ovaie della madre e privato del suo nucleo (che contiene il materiale genetico della stessa) e sostituito con il nucleo di una cellula somatica di un altro essere vivente, a sua volta prelevato da una parte del corpo, in genere la pelle, per poi impiantare il tutto nell'utero materno o surrogato, ed attendere la nascita di un essere assolutamente identico a quello del nucleo che lo ha generato. Tale processo potrebbe essere ripetuto innumerevoli volte, facendo nascere copie di individui indistinguibili uno dall'altro.

Per evidenti motivi etici, giuridici, morali e religiosi, in quasi tutto il mondo la clonazione riproduttiva degli esseri umani è rigorosamente vietata (art. 3 Carta UE), mentre non lo è affatto quella animale, che ha registrato notevoli progressi e, a quasi 30 anni dalla nascita della pecora Dolly, grazie a questa tecnica sono state riprodotte infinite copie genetiche di bovini da allevamento, di cammelli da trasporto, di tori ed equini da riproduzione. I cavalli clonati, specie se discendenti da genitori campioni, dal 2012 sono stati ammessi addirittura alle competizioni olimpiche.

Da qualche anno però, le richieste di clonazione animale si sono allargate a dismisura anche ai pet, i piccoli animali domestici, e sono aumentate le banche americane ed europee di gameti per la riproduzione assistita soprattutto di cani e gatti, alla luce del dolore profondo provocato nei padroni di questi compagni di una vita nel momento della loro scomparsa.

Chi desidera clonare il proprio pet deve però sapere che tale procedimento va preparato e programmato nell'animale in vita (dopo il decesso la procedura è impossibile), e la tecnica consiste in una piccola biopsia, cioè nel prelievo di un pezzetto di pelle, dal quale poi i veterinari medici separano le cellule che servono alla riproduzione, crioconservando in tal modo la linea genetica dei loro beniamini e lasciando il tempo ai proprietari di valutare cosa fare in futuro. La spesa di tale intervento si aggira sui 3mila euro iniziali e 150 euro all'anno per il mantenimento delle cellule in azoto liquido. Quando verrà dato dal proprietario l'ok alla clonazione del cane o del gatto, il nucleo di una cellula del corpo prelevata in precedenza verrà inserito in un ovulo non fecondato, ed il tutto verrà impiantato nell'utero di una madre animale surrogata, la quale partorirà un cucciolo con caratteristiche fisiche e somatiche del tutto simili al donatore scomparso: in pratica un cane o un gatto che non sarà mai quello di prima, ma un gemello identico a quello perduto.

Inoltre, siccome la sequenza del Dna è anch'essa identica in ogni tipo di cellula del corpo, come in quelle prelevate per la biopsia, ed essendo il carattere, sia umano che animale, determinato geneticamente dai cromosomi, è probabile che anche il nuovo pet arrivato, se allevato nello stesso ambiente e con le medesime modalità, avrà le stesse caratteristiche caratteriali e si comporterà quasi allo stesso modo e con le stesse reazioni bestiali e istintive dell'originale. Come accade per la donna inoltre, se la madre animale surrogata non resta gravida al primo tentativo, si può procedere, grazie all'elevato numero di cellule conservate dalla biopsia, ad un ulteriore impianto uterino, fino allo sviluppo della gravidanza desiderata, e alla nascita di un nuovo essere vivente che possiede le stesse informazioni genetiche e somatiche dell'organismo di partenza.

Nel mondo sono sempre più numerosi i proprietari di animali da compagnia che si rivolgono a queste cliniche di riproduzione, soprattutto quando scoprono che il loro cane o gatto è affetto da un tumore incurabile ed avrà vita breve, e sono molti quelli che ne richiedono addirittura due copie, portandosi poi a casa due pet identici ed indistinguibili uno dall'altro.

Negli Usa diverse celebrità del mondo del cinema e dello spettacolo hanno fatto ricorso alla clonazione anche doppia dei propri animali, dal Texas all'Arizona, rendendo pubblica la loro scelta e la loro felicità. Queste cliniche della riproduzione sono in continuo aumento dalla Cina alla Corea, mentre l'ultima struttura inaugurata qualche mese fa in Europa si trova a Marbella, in Andalusia, Spagna: si chiama Ovoclone ed ha già un centinaio di prenotazioni e molti animali in gestazione, con previsione di superare le mille richieste o nascite entro fine anno.

In Italia nel 2003 si ottenne un caso definito «scientificamente entusiasmante» quando, per la prima volta al mondo, l'embrione programmato fu impiantato nell'utero della stessa cavalla da cui era stato clonato, per cui a gravidanza ultimata, nacque una cavallina clonata che era non solo figlia, ma anche sorella gemella della madre: una discendenza familiare certamente unica, inedita e innaturale, oltre che sconvolgente dal punto di vista etico e genetico.

Ricorrere alla clonazione dei propri animali d'affezione eticamente può sembrare una scelta azzardata ed egoistica da parte dei proprietari, e dall'altra le strutture che offrono questa possibilità vengono accusate di speculare sul dolore e sull'emotività dei padroni per fare soldi, oltre ad aumentare il rischio di annullare e svilire l'identità unica di ogni altro essere animale generato naturalmente, ma questa tecnica viene oggi regolarmente utilizzata, per esempio, sulle specie in via di estinzione per scongiurarne la scomparsa o addirittura per riportare in vita esemplari spariti per sempre.

I principi etici e le preoccupazioni relative ad eventuali manipolazioni genetiche nel creare artificialmente esseri viventi dividono il mondo scientifico sui limiti della ricerca, ma si scontrano regolarmente con le nuove frontiere della medicina, in questi anni in straordinario e inarrestabile sviluppo anche grazie all'Intelligenza Artificiale.

Quello che è certo però, e su cui bisogna riflettere attentamente, è che la tecnica della clonazione asessuata ed artificiale esalta, conferma e mantiene inalterato ed insostituibile il ruolo determinante dell'utero femminile per la riproduzione della specie, mentre esclude di fatto e rende ininfluente

l'apparato riproduttivo del maschio, sia esso animale o umano, ridotto in questi casi ad un ex attore di film d'epoca o ad un inerte spettatore di una procedura da lui stesso scientificamente ideata, realizzata ed applicata.

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