Il dibattito sul merito che si è aperto in Italia nelle ultime settimane, in particolare dopo la denominazione del Ministero dell'Istruzione e del Merito, ha un che di paradossale. Invece di una soddisfazione unanime per il fatto che si cerchi di favorire la meritocrazia tra i giovani, assistiamo a prese di posizione e articoli contro «la logica del merito e della competizione». Si tratta dell'ennesimo tentativo di smantellare la funzione educativa della scuola senza comprendere che un voto è un giudizio non sullo studente ma sul suo operato. Se non educhiamo gli studenti fin da bambini ad essere valutati (anche negativamente) in base al loro impegno, cresceremo generazioni che, tanto nel lavoro quanto nella vita, non saranno in grado di accettare critiche dando ogni cosa per scontata. È una mentalità nata con il '68, con il concetto del sei politico e dell'uno vale uno che si è purtroppo diffusa nella nostra società. D'altro-canto, già Augusto Del Noce denunciava i pericoli insiti nell'ideologia sessantottina.
Occorre perciò invertire questo paradigma anche perché, una delle principali cause della fuga dei cervelli, è proprio il fatto che altre nazioni europee sono più meritocratiche dell'Italia. Vanno in questa direzione alcune misure prese dal governo in questi giorni a partire dall'emendamento per cui, dal primo gennaio 2023, per i beneficiari del reddito di cittadinanza tra i 18 e i 29 anni che non hanno terminato la scuola dell'obbligo, l'erogazione è condizionata alla frequenza di percorsi di formazione o all'adempimento dell'obbligo scolastico. Una norma di buonsenso, così come la direttiva del Ministro Valditara di vietare l'utilizzo dei cellulari in classe.
Il cambio di rotta emerge soprattutto dalla modifica della 18app che è stata sostituita con due nuovi strumenti: la Carta Cultura Giovani e la Carta del Merito. Come spiega il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano «la prima erogherà 500 euro ai diciottenni che provengono da famiglie con un Isee fino a 35mila euro, la seconda andrà a tutti i giovani, a prescindere dal reddito familiare, che raggiungeranno il massimo dei voti alla maturità, con l'evidente scopo di premiare il merito e l'impegno negli studi.
In questo modo si supera la logica della mancetta, per approdare a strumenti equi e basati sul merito». Il punto è proprio questo, andare oltre un approccio assistenzialista educando i giovani che si possono ricevere bonus e aiuti ma a condizione di averne bisogno e di rispettare giusti criteri come il merito.
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