Chissà se qualcuno la ricorderà come l'estate dei bagni vestiti. Ad agosto a Trieste un gruppo di femministe locali ha organizzato un flash mob di solidarietà con le donne musulmane che qualche giorno prima erano state allontanate dai bagnanti che non volevano facessero il bagno coi tradizionali vestiti addosso. Per ribadire la vicinanza alle sorelle islamiche discriminate, sono scese in mare vestite.
Altra spiaggia stesso mare, a luglio. Aveva suscitato un vespaio il caso della sindaca di Monfalcone che, pochi chilometri più in là, aveva emanato un'ordinanza per vietare proprio i bagni in mare vestiti. Obiettivo? Limitare l'usanza della nutrita comunità bengalese di religione islamica, che, in osservanza degli stretti dettami, prevede che le donne siano sempre coperte. Veli colorati, pastrani scuri, più o meno integrali, con o senza guanti a coprire addirittura le mani. Ovviamente anche in spiaggia. E anche in quel caso ecco la manifestazione di protesta a sostegno delle donne islamiche locali: tutti a fare il bagno vestiti. Per davvero? Sì, tutti vestiti.
Mentre nelle piazze di Teheran si muore strappandosi il velo dai capelli, nel progressista Nord Est italiano si scende in acqua per dire quanto sia bello nuotare in burqa. Per ribadire che le culture e le usanze sono tutte uguali. Non per ribadire che nel cuore del mondo occidentale, con 40 gradi, è bello che una donna abbia la libertà di prendere un po' di fresco in costume. No. A nessuno è venuto in mente di organizzare una manifestazione in bikini davanti al centro islamico.
Per dire che no, non a tutti piace il burqa. E che in questo mondo strambo, se proprio dovessimo fare una classifica delle cose strambe, sarà peggio proibire alle donne di liberare i capelli al vento, piuttosto che dire che in mare non si va vestite, o no? Per urlare, ebbene sì: «W il bikini, abbasso il burqa». Si può dire ancora? O dobbiamo per forza mentire, sostenendo che sono la stessa cosa? Per ribadire fino allo sfinimento che se una donna vuole portare il velo, liberissima di farlo. Ma noi siamo in Europa e qui le donne possono scegliere. È bene ripetercelo, prima che a qualcuno salti in testa di scendere in piazza per garantire il diritto all'infibulazione o alla poligamia.
Perché l'integrazione non si guadagna forse a suon di divieti, e la ricetta per una vera convivenza rispettosa di gruppi così diversi giace -ahimè- nel vaso degli enigmi. Ma di sicuro l'indignazione di una parte dell'opinione pubblica suona ridicola, grottesca e offensiva.
Offensiva verso quel concetto a noi europei tanto caro che si chiama libertà. Quella per cui le giovani donne iraniane stanno morendo, uccise o sfregiate, e quella che forse tante donne di origine straniera hanno sognato - e sognano - di trovare in Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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