La nuova squadra di governo dell'Ue è ancora sulla carta. E son già scattate le manovre per far cadere i commissari come birilli. Non sarebbe una novità, visto che in media due o tre saltano prima del varo della Commissione. Stavolta, però, il numero potrebbe essere maggiore, con già 4 volti a rischio; non tanto (o non solo) per meriti o demeriti personali, ma perché le sinistre, liberali e verdi, non hanno affatto gradito la netta apertura a destra della nascitura équipe indicata da Ursula Von der Leyen che punta ad essere operativa al massimo entro dicembre.
Come ha detto la presidente dell'Eurocamera, Roberta Metsola, inizia ora «un periodo intenso di controllo parlamentare». Audizioni individuali da 2 a 4 ore per dimostrare «europeismo». E, prim'ancora, risposte scritte che i commissari dovranno fornire per la verifica di eventuali conflitti d'interesse, e sulla base delle quali si svolgeranno poi le audizioni. Pubbliche, in streaming. Un tiro al piccione a cui i diretti interessati si stanno preparando. Raffaele Fitto, indicato da Ursula vicepresidente esecutivo (1 di 6), ha scritto che intende esercitare il ruolo «nel pieno rispetto dei Trattati e del loro spirito». Messaggio chiaro a chi ha iniziato a delegittimarlo anteponendo la provenienza di partito agli intenti. Ieri a Bruxelles Fitto ha incontrato Von der Leyen, che vuole accelerare gli screening a ottobre: «Saremo una grande squadra», ha detto ricevendo i commissari. «Tutti concentrati» sull'esame. Fitto, Coesione e Riforme, ha visto pure l'uscente Gentiloni. Manovre di cesello. Spiragli da neoeletti dem, da Decaro a Bonaccini. Altri nicchiano, ma Von der Leyen ne ha elogiato «la vasta esperienza» mettendo di fatto Fitto al riparo almeno dall'esame competenze. Pragmatismo, più che ideologia. Merito, metodo, realpolitik.
Ursula ha già mostrato i muscoli facendo fuori il francese Breton, e ora non ci sta a farsi dettare l'agenda da partiti andati in difficoltà alle urne di mezza Europa. Quei liberali di Macron, socialisti spagnoli e verdi che ora provano a giocare al rialzo, perché annichiliti dalle scelte della «regina» di una nuova Commissione plasmata dal Ppe, con innesti inediti da destra e Patrioti.
Nel mirino dei socialisti c'è il popolare austriaco Magnus Brunner, incaricato delle Migrazioni, ministro delle Finanze in un Paese che si è espresso contro l'ingresso di Romania e Bulgaria nello spazio Schengen. Rischia la bocciatura per mancata esperienza sul dossier, ma l'attacco è piuttosto all'affidamento del dossier migranti alla destra. Non piace alla gauche neppure l'ungherese Olivér Várhely. Uscente, di provenienza orbaniana, gaffe e scandali lo circondano da mesi. Per lui già un incarico minore: benessere degli animali. I Verdi si sono attivati per reclamare la sua casella facendo squadra con l'Organizzazione internazionale protezione animali che ha messo nero su bianco «perplessità» sull'esponente dei Patrioti.
Per il sì servono due terzi dei capigruppo. In attesa dell'enigma Marta Kos, slovena, ieri assente a Bruxelles perché impegnata in patria per il Sì casalingo. E dei forti dubbi sull'inesperienza del Commissario maltese, il laburista Glenn Micaleff.
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