Ora sul Pnrr Gentiloni dà ragione a Fdi: "Modifiche possibili, non è più un tabù". Ma l'Italia è in ritardo

Il commissario Ue all'Economia ammette: "È possibile discutere punti limitati e specifici, ma non riaprire o rinviare impegni chiave". Il meloniano Lollobrigida: "L'obbiettivo è vedere il piano potenziato e migliorato"

Il commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni
Il commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non è un totem intoccabile. Modificarlo si può, ma «cum grano salis» e a patto di non abbattere quei paletti che Bruxelles ha posto sul terreno per delimitare il perimetro entro cui ogni singolo Stato è obbligato a muoversi. A livello comunitario, col Pnrr l'Italia si gioca non solo una grossa fetta della propria capacità di modernizzare e riformare il Paese. In ballo ci sono infatti finanziamenti per oltre 190 miliardi di euro. Non a caso, le modalità di utilizzo di queste risorse sono tra i punti cardine della campagna elettorale di ogni singolo partito.

Mario Draghi e il suo governo si sono finora tenuti molto abbottonati su una possibile revisione dei programmi che compongono il Pnrr, anche se lunedì scorso il ministro del Tesoro, Daniele Franco, aveva lasciato intendere come il Piano possa essere suscettibile di cambiamenti, purché non ne sia stravolto l'impianto. Sulla stessa linea il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni: «Siamo aperti a discutere punti limitati e specifici - ha spiegato ieri - , ma non a riaprire o rinviare impegni chiave. Non possiamo minare lo strumento comune più forte che abbiamo a nostra disposizione». Parole che non sembrano confliggere col dichiarato proposito di Fratelli d'Italia, condiviso anche da Lega e Forza Italia, di avviare un processo di modifica del Pnrr «per destinare maggiori risorse all'approvvigionamento e alla sicurezza energetici». «Quando Fratelli d'Italia prospetta la possibilità di effettuare alcuni aggiustamenti, lo fa con l'unico obiettivo di vedere il Piano aggiornato, potenziato e migliorato il più possibile affinché i miliardi a disposizione per la ripresa dell'Italia possano essere impiegati bene, anche alla luce delle criticità economiche e sociali sopraggiunte nell'ultimo anno», ha affermato il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida. Bruxelles non ha del resto mai posto alcun veto a revisioni del Piano, purché motivate da situazioni tali da mettere a rischio gli obiettivi inizialmente previsti.

Da rispettare sono i tre vincoli principali: almeno il 37% dei fondi va destinato alla transizione ecologica; non una quota inferiore al 20% deve essere riservata alla transizione digitale; il Pnrr deve tener conto delle raccomandazioni che l'Ue ha rivolto al Paese. Più che la questione della congruità delle modifiche, il problema vero rischia di essere quello del rispetto dei tempi necessari ad ottenere, entro fine anno, la terza tranche di fondi. Fra ottobre e dicembre dovranno infatti essere state rispettate 51 scadenze europee. Su buona parte di queste l'Italia è in ritardo.

Se l'approvazione della legge di bilancio e la formazione del governo sono due fattori già in grado di rallentare il ruolino di marcia, le proposte di mettere mano al Pnrr dovranno sottoposte all'esame della Commissione Ue. E la risposta può arrivare fuori tempo massimo.

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