Simonetta Caminiti
«Tre casettine dai tetti aguzzi, un verde praticello, un esiguo ruscello». Così, bambini di un tempo, a scuola, coi versi di Aldo Palazzeschi, imparavamo a identificare paesini e piccoli borghi popolati da poche centinaia di abitanti: quello dei nostri nonni, quello della villeggiatura. Quello in cui vivevamo. Ma quel che è più «esiguo» - per dirla ancora con quei versi nei piccoli paesi d'Italia del 2019, sono le risorse finanziarie, legate allo spopolamento sempre più vertiginoso. Esino Lario è un piccolo comune in provincia di Lecco; un presepe vivente costretto, in questi giorni, a vendere pezzi della sua storia e del suo nucleo a tariffe stracciate.
Un cartello stradale costa 1.250 euro, un lampione 850; tre panchine («utilizzate da cittadini e turisti durante le loro passeggiate») viene offerto al prezzo di 560 euro con l'opzione «prendi tre paghi due». Una strada alla cifra di appena 2.500 euro. Il tutto, in un'asta online come quelle dei fumetti degli anni Ottanta. Il sindaco Pietro Pensa ha infatti registrato un video e comprato una pagina su quasi tutti i principali quotidiani italiani: lo scopo, chiarire che «ogni giorno i piccoli comuni italiani sono lasciati soli a lottare contro lo spopolamento, la mancanza di fondi e la difficoltà delle istituzioni nel fornire supporto». Nel progetto del sindaco, che suona come una provocazione dal respiro esemplare, un'asta che si terrà mercoledì 10 aprile alle 10 sul sito Vendesiesino.it. Un'asta che non risparmia le strade, come detto, e neppure il municipio.
Giovedì 11, presso il Palazzo della Regione Lombardia, il migliore offerente «poterà a casa» edifici e monumenti di un paesino che tutto pare fuorché terra morta, disabitata, demotivata a vivere di storia e vita nuova. Esino Lario è un comune nato nel 1927, dalla fusione tra Esino superiore ed Esino inferiore: è soprannominato «la perla delle Grigne» dal nome della catena montuosa che lo cinge. Un luogo ideale per le vacanze, al quale non fanno difetto i servizi ai cittadini: un asilo, una scuola primaria, perfino un ecomuseo e un archivio privato. Tutto, eccettuate le scuole, adesso è in vendita.
Il tassello più attuale di una lunga storia, che parla della sofferenza dei piccoli centri. Paesi in cui le case si è pensato di venderle a un euro. E non per dire. La vendita delle case a un euro è una iniziativa reale che riguarda svariati comuni italiani. Congegnata come un deterrente, in alcuni casi, perché i cittadini rispettino le regole, pena la perdita della proprietà dell'immobile. Piani e regole che variano da paese a paese: ma spesso, chi acquistasse la casa a questo prezzo, avrebbe l'obbligo di avviare un piano di ristrutturazione finalizzato alla ripresa e alla messa a nuovo della casa. Puntando a recuperare gli immobili che rischiano di diventare cascine abbandonate, restituendo loro valore economico e, infine, reintegrandole sul mercato.
Primo comune aderente a quest'iniziativa, Lecce nei Marsi: piccola comunità abruzzese in provincia de L'Aquila, dove i tetti abbandonati quasi superano le anime che la popolano. (Risulta però attualmente sospesa, l'iniziativa di questo paesino, a causa di una complicanza con l'Agenzia delle Entrate). In Sicilia, il tentativo di rilanciare le sorti dei paesini vendendo le case al costo di un euro, erano stati due: a Salemi (in provincia di Trapani), e poi a Gangi (Palermo). Qui, con prospettive migliori. Manovre strenue, con risultati insoddisfacenti, ma che molto dicono dei piccoli paesi italiani.
Comunità rurali che, dalla Lombardia alla Calabria, un tempo ricche di artigianato, si desertificano di anno in anno (e sono più di 2mila, quelle definite «Comuni polvere») e che s'ingegnano per non perdere storia e identità. Ma, soprattutto, futuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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