Conferenza delle Regioni, solo 5 a centrosinistra, traballa Bonaccini

Possibile un cambio al vertice, come preannuncia lo stesso Attilio Fontana: l'uomo forte pare Toti, mentre Zaia, almeno in via ufficiale, sembra defilarsi

Conferenza delle Regioni, solo 5 a centrosinistra, traballa Bonaccini

Quello che con grandi trionfalismi e squilli di trombe è stato definito un pareggio dai membri del governo giallorosso (pur con una decisa batosta, quanto a consensi, incassata dalla componente grillina della stessa nei vari collegi in cui correva da sola) la situazione in Conferenza delle Regioni potrebbe presto mutare proprio in considerazione del fatto che il centrosinistra sia alla guida di un numero esiguo di Regioni nello Stivale.

Al centrodestra rimane, infatti, l'amministrazione di ben 14 rerioni (Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata, Sardegna, Calabria, Sicilia e provincia autonoma di Trento) contro le 5 nelle mani degli avversari politici (vale a dire Emilia Romagna, Toscana, Campania, Puglia e Lazio): nel computo totale non viene inserita la Valle d'Aosta per il semplice fatto che sarà il consiglio Regionale ad eleggere il presidente.

In una considerazione totale degli esiti delle urne, il centrosinistra, rispetto alle precedenti consultazioni, riesce a difendere Toscana e Campania dall'assalto dei rivali, ma è costretta a cedere le Marche. La Conferenza delle Regioni è attualmente presieduta dall'esponente dem Stefano Bonaccini (governatore dell'Emilia Romagna) in carica dal 17 dicembre del 2015. A venire fuori ora, in modo più forte, è l'aspetto puramente politico della questione e non tanto una qualche eventuale falla rilevabile nell'operato dello stesso Bonaccini da parte dei colleghi. Solitamente le associazioni di questo genere (così accade anche per l'Anci, che riunisce i comuni italiani) puntano più su un individuo in grado di tutelare gli interessi dell'Ente che rappresentano, senza che prevalgano dei ragionamenti connessi allo schieramento politico di appartenenza. Visto il pesante divario numerico nelle regioni controllate (14 a 5), non è tuttavia da escludere che possa verificarsi una rivendicazione del ruolo di presidente tra le file del centrodestra. Se arrivasse una richiesta del genere, di certo non si potrebbe ignorare il motivo per cui viene effettuata, e si dovrebbe procedere a delle nuove elezioni.

Se a prevalere, come indicano chiaramente i numeri, dovesse essere il centrodestra, l'uomo forte sarebbe con grande probabilità Giovanni Toti, riconfermato governatore della Liguria. Toti, ex di Forza Italia e già vicepresidente in carica della Conferenza delle Regioni, godrebbe di un ampio appoggio, visto la stima di Fratelli d'Italia e Lega. Quella di Zaia, rieletto governatore in Veneto, sarebbe una scelta a tinte più "leghiste", ma è lo stesso presidente ad allontanare l'ipotesi. "Ma no. Non ho mai valutato questa storia. A me dà l'idea che porti via una montagna di tempo. È una roba complicata. Io penso di essere più utile in Veneto che da altre parti. Non sto facendo melina. Se qualcuno me lo chiedesse, direi: no, lascia perdere", ha spiegato, come riporta LaPresse.

Non sembra abbastanza forte al momento la figura di Attilio Fontana, che comunque non ha mancato di toccare il tasto e di esprimere la propria intenzione di valutare un cambio al vertice.

Non pare plausibile neanche la via che porterebbe a Solinas (Sardegna), Musumeci (Sicilia) e Fedriga (Friuli), ma solo per il fatto che fino ad oggi nessun presidente della Conferenza è mai stato scelto tra i governatori di regioni a statuto speciale.

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