A due mesi dallo scoppio della guerra la crisi economica si aggrava, pesa sempre di più sul pil italiano e mette già a repentaglio il secondo trimestre. A lanciare l'allarme è il centro studi di Confindustria, che denuncia un «netto indebolimento» a marzo e prevede un aprile ormai «compromesso». «Prospettive cupe», quindi per il Pil, difficili da fugare perché con i tassi di interesse in aumento l'Italia avrà sempre meno margini per manovre espansive, visto il macigno del suo debito pubblico.
Il conflitto in Ucraina «amplifica i rincari di energia e altre commodity, e accresce la scarsità di materiali e l'incertezza», scrive Confindustria sottolineando come questi si sommi all'effetto contagi. I segnali di crisi sono evidenti: l'erosione della fiducia delle imprese manifatturiere si è accentuata (l'indice pmi del settore si è contratto da 58,3 a 55,8) pur restando positivo, i servizi sono «in stallo», l'export debole. Nei servizi il Pmi indica rallentamento a marzo (52,1 da 52,8) e la fiducia delle imprese è in calo (99 da 100,4). A causa di contagi e incertezza, resta inoltre compressa la mobilità delle famiglie (per il tempo libero -16,6% nel primo trimestre dal pre-Covid).
Confindustria ritiene che «ci sarebbe bisogno di misure espansive». Una mossa che l'Italia non potrà permettersi, perché con i tassi in risalita crescerà anche la spesa per interessi. Perciò, «l'Italia avrà meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva di finanza pubblica. Dato l'alto debito, le politiche dovranno essere prudenti anche per evitare ulteriori balzi dello spread».
Tanto pessimismo non è però condiviso da Bankitalia: una recessione in Italia «è poco probabile», ha assicurato al Tg3 il governatore Ignazio Visco perché il conflitto in Ucraina, pur «gravissimo», è circoscritto e al momento non ha quella dimensione globale che ha avuto la crisi finanziaria del 2009 o la pandemia stessa». Visco non nasconde le difficoltà dei prossimi mesi, che saranno ancora caratterizzati da alti prezzi del gas e del petrolio, che poi scenderanno «nel corso del secondo semestre, e con più decisione alla fine dell'anno». Ma l'Italia, spiega, è «sicuramente in grado di reggere» il peso delle sanzioni alla Russia. Quindi niente panico, e avanti compatti con i «nervi saldi», ma certamente «con un'attenzione particolare alle fasce più deboli della popolazione che più saranno colpite» dalle conseguenze economiche degli scenari di guerra.
I dati in peggioramento, messi in conto dal governo nel Def, sono la spinta per il nuovo decreto anti-rincari, per famiglie e imprese, in arrivo la prossima settimana. Ma il ministro del Lavoro Andrea Orlando mette un paletto: i nuovi aiuti alle imprese - «un'esigenza indiscutibile» - vanno subordinati all'adeguamento dei contratti, perché bisogna aumentare i salari per evitare una crisi sociale. Per questo bisogna «lavorare a un accordo».
Insomma, se servono soldi per aiutare le imprese con gli aumenti delle bollette e delle materie prime, questi devono essere subordinati anche al rinnovo e all'adeguamento dei contratti». D'accordo i sindacati, che chiedono un intervento che faccia salire stipendi - anche delle partite Iva - e pensioni.
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