Conflitto e crisi energetica. Draghi è blindato al governo

Il premier sempre più insostituibile come garanzia per il sistema. I nuovi progetti su Pnrr e difesa comune Ue

Conflitto e crisi energetica. Draghi è blindato al governo

Chi l'avrebbe mai detto? Tra un mese e mezzo si vota per le amministrative ma lo sport nazionale, il dibattito sulle elezioni, è stato rimosso. Cancellato. Non si parla che di guerra, e di Mario, pure. Eccolo infatti, al centro della scena, con i suoi sorrisi e le battute in conferenza stampa, con la postura di chi ha ripreso in mano la situazione, toglie le mascherine e riesce persino a tagliare di un quarto di euro il prezzo della benzina tra gli applausi generali. E poi, la risposta a muso duro ai russi che attaccano Guerini. «Odioso il paragone tra l'invasione e la pandemia». E ancora, le bandiere a Villa Madama, l'asse mediterraneo per battere i pugni a Bruxelles, la proposta di un Recovery per le spese militari, le telefonate con Sholtz e Macron. Il Draghi deluso, stufo, poco disposto ai compromessi, dato quasi in uscita di un mese fa, ora appare più che mai saldo a Palazzo Chigi, pronto a guidare a lungo l'Italia. Insomma a SuperMario, al suo profilo internazionale, alla sua capacità di tenere insieme il Paese, al momento proprio non ci sono alternative. Pure i partiti si sono rassegnati, Fdi ormai vota insieme alla maggioranza i provvedimenti sulla guerra e non saranno i prossimi sussulti sul catasto o la giustizia a far cadere il governo.

Il premier è quindi l'anestetico che continua a narcotizzare la politica italiana, obbligando partiti opposti a sedere nella stessa maggioranza ed evitando il tracollo definitivo del sistema. Da un anno va così: i segretari si lanciano in battaglie identitarie, Palazzo Chigi fa la somma e decide, talvolta scontenta gli uni, talvolta gli altri, e il Parlamento ratifica tra malesseri, voti di fiducia e tempi stretti.

A gennaio, è vero, c'è stata la corsa al Quirinale che ha paralizzato la situazione e rallentato l'azione dell'esecutivo, ma dopo quindici giorni di fuoco tutto è tornato come prima. Tutto tranne l'agenda del presidente del Consiglio, che si è allungata. Da mission impossible siamo passati a missione infinita.

Dunque. Il Covid è sotto controllo, infatti, ha spiegato Draghi con un pizzico di orgoglio «abbiamo tolto quasi tutte le restrizioni» e ora, nonostante la risalita di contagi di questi giorni, possiamo sperare in una ripresa del turismo. Quanto al Pnrr, la seconda emergenza per la quale è stato chiamato da Sergio Mattarella, il piano è «a buon punto» anche se c'è ancora del lavoro da fare per garantire il flusso di miliardi europei per ricostruire e ammodernare il Paese. Non sarà una passeggiata di salute, difatti su molte delle riforme richieste dalla Ue per pagare le varie rate del finanziamento si preannunciano turbolenze, soprattutto via via che si avvicineranno le elezioni generali del 2023. Ma insomma, un modo si troverà perché nessuno sembra avere la forza di far saltare il Recovery Fund.

Poi, con l'invasione russa dell'Ucraina, l'agenda è cambiata. La guerra da un lato sta frenando la ripresa economica, dall'altro però sta celebrando la sua essenzialità, la sua insostituibilità alla guida del governo. Quando le armi finiranno di sparare, ci vorranno comunque anni per riparare ai disastri provocati da Putin, forse sarà necessario pure aggiornare il Pnrr. O magari, come sostiene Draghi, visto che bisogna riarmarsi, servirà un Recovery anche per la difesa comune europea. Raggiungere il due per cento e «una spesa troppo grande per qualsiasi bilancio nazionale», perciò l'unica strada sarà «una risposta europea».

E un altro piano Ue ci vorrà per l'energia. La dipendenza italiana dal gas russo, al netto della speculazione, sta provocando seri problemi a famiglie e imprese, dal caro bollette alle difficoltà di distribuzione dei generi primari all'aumento dei costi di produzione che mette le industrie fuori mercato.

Il governo, che spera in un miglioramento ad aprile con un calo dei prezzi, ci ha messo una pezza. Non basterà. Allora la sfida si sposta al prossimo Consiglio Europeo, dove un Draghi presumibilmente ancora a lungo premier italiano chiederà il varo di una strategia energetica comune. Ma serve «subito».

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