Coniugi lontani, il bacio che commuove

Straziante incontro tra due anziani, entrambi ricoverati per Covid

Coniugi lontani, il bacio che commuove

Quel bacio che dura una vita. Una vita appesa a un filo che non si spezza. Lui e lei. Marito e moglie. Lui 72 anni. Lei 74. Lui ricoverato in semintensiva, lei in malattie infettive. Da quando hanno contratto il Covid non avevano più avuto alcun tipo di relazione, nemmeno un abbraccio, una stretta di mano, un qualcosa che ti facesse intendere che: ci sono io al tuo fianco - non temere. Niente. Niente di niente. Il Covid ti ammazza di solitudine. Ma loro più forti, più forti della morte, ieri all'ospedale di Cittadella, in provincia di Padova, si sono reincontrati, si sono riabbracciati, si sono cercati; le mani che si cercano, che si tendono, che si cercano ancora dopo anni, e quel bacio, quel bacio sulla mascherina lungo una vita. Quel bacio come fosse il primo. Lei si chiama Antonia Guidolin, lui è Italo Salvadori. Quando lei non ha avuto più bisogno dell'ossigeno, ha chiesto di lui. Lei era entrata in ospedale il 20 dicembre scorso; lui l'aveva seguita il 31, passando dal pronto soccorso alla semintensiva. Ma quel legame il Covid non l'ha reciso. Non l'ha spezzato. Sono rimasti così, isolati lottando uno distante dall'altro ma così vicini, così lontani, e poi si sono riabbracciati. Si sono baciati lì, davanti a chi c'era, e chi se ne frega se in pigiama. «Un incontro che ci ha fatto salire le lacrime agli occhi dice Rita Marchi, direttore dell'area semintensiva dell'ospedale di Cittadella -. Quando la signora in procinto di essere dimessa ha esternato il suo dolore al medico di guardia, i clinici hanno deciso di farglielo incontrare, anche se le sue condizioni, più serie, richiedono cure semintensive. Non si aspettavano di vedersi, è stato un regalo enorme per entrambi. L'uomo è in ventilazione meccanica non invasiva, con la maschera oronasale, non ha autonomia respiratoria e la moglie lo ha baciato proprio sulla maschera, incoraggiandolo, rincuorandolo e dandogli appuntamento a casa». «La terapia deve andare a braccetto con l'empatia dice il direttore generale dell'Ulss 6 Euganea, Domenico Scibetta -. La qualità dell'assistenza si misura anche con l'umanità, soprattutto in questa pandemia». Già. Perché anche l'alpino che suonava per la moglie a Cortemaggiore di Piacenza, è tornato a suonare per i malati di Covid. Dopo la scomparsa della moglie, la fisarmonica di Stefano Bozzini, che ha 81 anni, continua a suonare. Ricoverato perché positivo, non ha sintomi e le sue note rallegrano gli altri pazienti. «Molti lasciano le porte aperte delle stanze per ascoltare la musica», racconta il personale sanitario del centro. Il video di lui che suonava dal cortile per la moglie ricoverata aveva fatto il giro del mondo.

«Si sente solo per la mancanza della moglie ma grazie alla sua fisarmonica riesce ad affrontare anche questo momento». I pazienti lasciano le porte aperte. Gli operatori improvvisano una mazurca. La prova che il virus si combatte anche curando la salute. Quella dell'anima. A suon di musica.

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