In cella accusata di traffico internazionale di stupefacenti. Ilaria De Rosa, l'hostess di Resana, Treviso, da tempo a Jeddah, ieri ha incontrato il console italiano nel penitenziario femminile di Dhabhan, a 45 chilometri dalla città saudita. La ragazza è in buone condizioni ed è stato firmato il mandato per avere avvocati locali, consigliati dal consolato. In forza sui charter della lituana Avion Express, dopo aver lavorato per l'Onu e studiato a Maastricht, Ilaria sarebbe finita in un affare più grande di lei. La giovane è in carcere dal 5 maggio, quando è stata ripresa mentre esce dal suo albergo «scortata» da tre agenti in borghese, tre «mutawwi», poliziotti religiosi agli ordini del Comitato per l'imposizione della virtù e l'interdizione del vizio, impegnati in una maxi retata antidroga che ha portato decine di persone dietro le sbarre. Fra queste la De Rosa, secondo voci tutt'altro che confermate, bloccata al rientro da una festa in spiaggia a base di hashish. In auto con lei ci sarebbe stato un amico con uno «spinello» in mano. Uno scenario che si scontra con l'unico dato certo dell'intera vicenda: le immagine dallo Spectrum Residence Sultan Hotel di Jeddah dove viene prelevata e portata via senza nemmeno un indumento di ricambio. Altra voce che si rincorre nell'ambiente aeroportuale la vede in manette appena sbarcata da un volo proveniente da Vilnius.
Una precisa soffiata che la colloca in un intrigo internazionale a base di droga e traffici ad alto rischio in un Paese, l'Arabia Saudita, in cui si finisce al patibolo per molto meno? Ilaria, dicono di lei i familiari, non si è fatta mai nemmeno una canna. Nessun guaio con la giustizia, studentessa modello, conosce bene leggi e costumi arabi.
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