I contagi sono in lieve aumento (ieri 1.394, con 13 morti, tasso di positività allo 0,8%) ma nessun allarme, è tutto come da copione. La variante Delta si sta facendo sentire e ovviamente i casi di infezione crescono. L'importante è che non siano gravi e per ora è cosi. Quindi, anche quando aumenteranno nelle prossime settimane, non dovranno suscitare nessun tipo di pre allerta.
In base al rapporto settimanale della fondazione Gimbe emerge infatti che i ricoveri ospedalieri siano a -24% e le terapie intensive a -30%. Così come i decessi, calati del 26% all'inizio di luglio. Resta l'incognita dei tracciamenti, cioè della ricerca dei casi di nuova variante delta. Finché non vengono identificati e sequenziati non è possibile né sapere l'impatto della nuova versione del virus né prevedere la sua diffusione. L'unico «indizio» che possiamo seguire è la situazione della Gran Bretagna che, per dirla con le parole del virologo Fabrizio Pregliasco, «è al secondo tempo del film, mentre noi siamo ancora al primo».
Sarà quindi interessante capire cosa accadrà dopo il 19 luglio, il freedom day fissato dal presidente Boris Johnson. Una sorta di prova del nove per verificare se i vaccini di massa riescono realmente a proteggere la popolazione anche senza restrizioni, senza mascherine e con i locali aperti. Tra le misure volute da premier inglese anche l'addio alla quarantena per chi rientra in Gran Bretagna dall'Italia e ha già ricevuto due dosi di vaccino almeno da 14 giorni. La scelta inglese di spalancare le porte (mentre la Francia si prepara a misure restrittive per chi viaggia in Spagna e Portogallo) non suona bene alle orecchie di 100 scienziati di tutto il mondo che di comune accordo scrivono una lettera pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet per chiedere al premier britannico di rinviare le riaperture «ora pericolose e premature». Quello a cui, secondo gli scienziati, si sta andando incontro è il rischio di causare milioni di infezioni e di «suscitare nei pazienti problemi cronici e disabilità legati al long Covid».
«Nel Regno Unito Boris Johnson decide di abbandonare le restrizioni e dice che d'ora in avanti il Covid sarà gestito come il virus dell'influenza. È possibile? Non solo è possibile, è necessario - prende posizione l'immunologa dell'università di Padova Antonella Viola - Il virus continuerà a circolare. Ci contageremo, ma saremo protetti dalle forme gravi della malattia grazie ai vaccini. Finché la risposta immunitaria generata dalla vaccinazione terrà vuoti gli ospedali, non dovremo fare altro». Invece, «se l'immunità dovesse indebolirsi troppo nel tempo, o se il virus dovesse mutare troppo, dovremo far ricorso a ulteriori vaccinazioni (rispettivamente con terza dose o con vaccino aggiornato). Ma per ora lo scenario è quello immaginato dal Regno Unito. Prima però serve vaccinare tutti».
Una condizione cruciale che si traduce in una corsa contro il tempo per intercettare oltre 5,7 milioni di over 60 non vaccinati. «Oltre a potenziare il tracciamento - sostiene il presidente della fondazione Gimbe Nino Cartabellotta - occorre sia mettere in campo strategie di chiamata attiva per gli over 60 che non si sono ancora prenotati, sia accelerare la somministrazione delle seconde dosi. Infine, siamo tutti chiamati a contribuire attivamente a rallentare la diffusione della variante Delta, mantenendo comportamenti responsabili ed evitando gli errori della scorsa estate».
Sul fronte vaccini, secondo il report, «a 6 mesi dall'inizio, la campagna vaccinale italiana mostra i suoi limiti: forniture inferiori al previsto, consegne irregolari, esitazione vaccinale e comunicazione istituzionale inadeguata. Vanno raggiunti i non vaccinati».
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