Un risultato scontato per Giuseppe Conte, quello che lo farà diventare capo del Movimento 5 Stelle. Ma è solo l’inizio di un cammino complicato. “Dopo tanti mesi non è più il leader venerato da tutto il Movimento, anzi”, ammette un parlamentare pentastellato, precisando che “non c’è alcuna intenzione di alimentare polemiche con questo ragionamento”. Si tratta di una constatazione, insomma, “ormai condivisa da molti di noi”, dice a IlGiornale.it. L’ex presidente del Consiglio nelle prossime ore si insedierà in via ufficiale alla guida del M5S. E nelle prime battute potrà celebrare il trionfo annunciato, con percentuali bulgare e tra la claque social di deputati e senatori. “Ma i problemi sono tutti là, irrisolti”, osserva una fonte interna.
Secondo mandato e linea politica
Lo statuto è stato infatti approvato con l’87% di voti favorevoli, ma il testo ha sciolto solo il nodo tra Conte e Beppe Grillo, con il cosiddetto patto della spigola che ha evitato la scissione. E il naufragio definitivo del M5S, Ma i parlamentari alla seconda legislatura hanno osservato come, tra i tanti aspetti in stand-by, ci sia uno molto caro a tutti: la fine della norma sul secondo mandato. Un tema su cui non c’è stato alcun annuncio ufficiale. “Ha preferito rimandare tutto a regolamenti successivi. La strategia di prendere tempo, proprio come faceva quando era a Palazzo Chigi”, è il discorso che propone un deputato. La prudenza per assumersi responsabilità e attendere l'evoluzione degli eventi.
Certo, la pausa agostana potrà giovare alla leadership dell’ex avvocato del popolo, chiamato a tenere a bada i malumori interni. E non è solo questione di regole interne, c’è anche la linea politica da indicare. La tempistica della sua partenza da presidente del Movimento 5 Stelle non è stata delle migliori: ha dovuto affrontare subito la spinosa riforma della Giustizia. Una partenza “a handicap”, viene definita, “senza slancio e con più di qualche ammaccatura e in questo caso anche al di là di sue eventuali responsabilità”, osservano tra i grillini. La questione gli è piombata addosso.
Rischio fuga dei dissidenti
Gli assenti alla votazione sulla riforma della Giustizia rischiano ora di essere un serbatoio per un’ulteriore fuga di eletti verso altri lidi, con le sirene de L’Alternativa c’è, la componente che unisce già 15 deputati ex grillini, che risuonano. Non è un mistero che sarebbero pronti ad accogliere i dissidenti, disposti a lavorare al progetto politico, formando un gruppo. “La perdita di altri pezzi non rappresenterebbe un buon viatico”, ragiona una fonte di rango e per questo motivo “bisogna valutare una mediazione affinché si mandi un segnale distensivo a tutti, lasciando capire che è iniziato un nuovo corso”.
Insomma, c’è chi suggerisce a Conte di fare una specie di “indulto” per trattenere i malpancisti della riforma Cartabia, evitando di ridurre ulteriormente la consistenza del gruppo. E tra i parlamentari del M5S c’è chi lancia qualche proposta per il futuro, quando bisognerà ingoiare altri rospi. “Non ha senso fare discorsi incendiari in Aula, mettere nero su bianco il dissenso e poi non partecipare al voto, lasciando un segno indelebile. Sarebbe più saggio confrontarsi negli organismi interni e poi eventualmente evitare di partecipare alla seduta, adducendo qualche motivo.
Tanta la maggioranza non ha problemi di numeri”, dice un deputato di peso in uno dei capannelli che hanno animato Montecitorio nelle ultime ore. Parole che cercano di rendere meno difficile il cammino, appena iniziato, di Conte leader.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.