«Abbiamo vinto». Dopo giornate segnate dalle sconfitte alle elezioni amministrative di domenica e lunedì, finalmente il M5s può cantare vittoria. Ma il rigetto del ricorso degli attivisti napoletani difesi dall'avvocato Lorenzo Borrè potrebbe anche essere letto come una vittoria di Pirro, nient'altro che un diversivo per distogliere l'attenzione dalle percentuali insoddisfacenti raccolte nelle città e dai problemi interni di un partito in crisi di identità, con più di 170 parlamentari sicuri di non essere rieletti. Deputati e senatori che hanno tirato i remi in barca, non versano più nelle casse del Movimento e sono indecisi se cercare la chance di una poltrona in un altro partito oppure intascare lo stipendio fino al 2023, nella speranza di un incarico locale una volta perso il seggio in Parlamento. La cifra dei 170 rassegnati viene scodellata dagli eletti che hanno già cominciato a scommettere sulle proporzioni dei prossimi gruppi grillini di Camera e Senato. «Dai 227 che siamo ora, la prossima volta saremo in sessanta secondo le previsioni più rosee», calcolano tra Montecitorio e Palazzo Madama.
Perciò la non-sconfitta di Napoli assume i contorni di un premio di consolazione. Il Tribunale partenopeo, che a febbraio scorso aveva annullato il voto di agosto 2021 sulla leadership di Conte, stavolta ha rigettato tutte le contestazioni mosse dai ricorrenti. Dalla violazione dei principi di parità degli associati, con la candidatura di Giuseppe Conte all'eleggibilità esclusiva di pochi negli organi di garanzia. Nessuna sospensiva per la seconda votazione di marzo scorso. Ma comunque non si tratta di un verdetto definitivo, perché poi i giudici entreranno nel merito in seguito, con la sentenza di primo grado. «Il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso in sede cautelare contro lo Statuto e le democratiche scelte dei nostri iscritti sul futuro del M5S - twitta Conte - andiamo avanti per il rilancio del nuovo corso». «Il Tribunale di Napoli ha messo fine a un lungo e penoso teatrino», commenta la vice di Conte Paola Taverna. «Un'ottima notizia per la nostra comunità. Ora andiamo avanti. Continuiamo a lavorare con determinazione e responsabilità», esulta il presidente della Camera Roberto Fico. «Il tribunale di Napoli ci ha dato ragione, è una vittoria di Conte», spiega all'Adnkronos Francesco Cardarelli, uno dei legali del M5s.
I problemi restano sotto il tappeto. E fino alle Politiche del 2023 Conte avrà a che fare con parlamentari mal disposti a seguirlo. «Qualcuno tenterà di andare con la Meloni o con il Pd, tutti gli altri vogliono solo lo stipendio e voterebbero la fiducia anche a Hitler pur di finire la legislatura», dice al Giornale un senatore al secondo mandato.
Sempre sul fronte parlamentare, per tutta la giornata ha tenuto banco l'intervista del vice di Conte Mario Turco a La Gazzetta del Mezzogiorno. «Sia chiaro, senza il presidente Conte, il M5s di fatto non esiste», la frase dell'ex sottosegretario a Chigi. «Ma stiamo scherzando? Siamo passati al partito personale? È un'eresia rispetto ai nostri valori», la reazione di un parlamentare. «Parole vergognose dai vertici M5s. Siamo passati dal Movimento 5 stelle al Movimento 1 Conte.
Io non ho più parole», commenta il deputato Sergio Battelli. E non mancano le polemiche sui nuovi referenti regionali. «Conte ha premiato alcuni degli artefici del flop alle Amministrative, sono degli yesman», attacca un parlamentare.
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