Conte pontifica su Expo ma dimentica i no grillini

La candidatura voluta dall'ex sindaca Raggi per far scordare il suo "niet" ideologico alla corsa per le Olimpiadi del 2024

Conte pontifica su Expo ma dimentica i no grillini
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Il fallimento della candidatura di Roma a Expo 2030 ha radici lontane. Il flop al voto sulla città ospitante è solo l'ultima tappa di un viaggio cominciato a ottobre 2020. L'idea di ospitare nella Capitale l'Esposizione Universale nasce nella testa dell'ex sindaca Virginia Raggi. Il suo obiettivo? Far dimenticare a tutti il disastroso no di principio alla corsa per le Olimpiadi del 2024, poi assegnate a Parigi. Così, nell'autunno di tre anni fa, Raggi pensa di rifarsi con l'Expo. Poi l'anno successivo il premier Mario Draghi firma la candidatura, che passa quindi nelle mani dell'attuale sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Insomma, il governo ha trovato tutto apparecchiato. E non nel migliore dei modi. Intanto Mario Draghi, dalla presentazione del libro di Aldo Cazzullo «Quando eravamo padroni del mondo», respinge le ipotesi di complotti e «petrodollari» che avrebbero favorito Riad, capitale dell'Arabia Saudita. «Non so perché abbiamo preso solo 17 voti ma non credo ai complotti universali, anche perché l'Italia ha avuto una Expo già nel 2015 a Milano», dice l'ex premier.

Di sicuro la candidatura è partita con le premesse peggiori. Lo spiega chiaramente il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Era una mission impossible, lo sapevamo». Poi rimette in ordine i fatti, a partire dal rifiuto di Raggi di correre per le Olimpiadi del 2024: «Forse l'occasione persa era quella delle Olimpiadi, non bisognava rinunciare alle Olimpiadi, quelle le avremmo vinte». Nel 2016 è stata l'allora sindaca pentastellata della Capitale a rifiutare a priori l'ipotesi di ospitare i Giochi, in nome dell'ortodossia grillina che preferisce la «decrescita felice» alle opportunità di sviluppo. Le Olimpiadi? Per Raggi erano un ricettacolo di «sprechi e corruzione». Poi la sindaca ha provato a rifarsi con l'Expo, trovando la sponda dell'allora premier Giuseppe Conte e dell'allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il sindaco Gualtieri, del Pd, ora se ne lava le mani: «Roma può andare avanti anche senza Expo. Non abbiamo mai basato lo sviluppo della città su Expo e tutti i progetti vanno avanti». Poi recrimina: «L'Ue non è mai unita in queste votazioni, comunque nessuna polemica con il governo, con Meloni siamo in contatto costante».

«Meloni spieghi il disinvestimento politico su Roma», attacca invece Conte. Per Matteo Renzi di Italia Viva la sconfitta «è una vergogna per Meloni e Tajani». Dal governo anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ricorda la genesi della candidatura: «Siamo partiti tardi: il governo Conte e la sindaca Raggi decisero di proporre in ritardo questa candidatura come una sorta di ripiego a fronte del rifiuto delle Olimpiadi». «Abbiamo lavorato male», dice Carlo Calenda di Azione. Mentre la segretaria del Pd Elly Schlein accusa i vincitori sauditi: «Pesano i petrodollari». La verità è che la candidatura per Expo, nel 2020, rappresentava solo un'occasione mediatica per Raggi, che aveva l'obiettivo di ripulire la sua immagine di «sindaca del no» dopo il gran rifiuto delle Olimpiadi del 2024.

Un no speculare alla ben poca convinzione con cui l'ex sindaca M5s di Torino Chiara Appendino ha sostenuto l'ipotesi di tenere nel capoluogo piemontese le Olimpiadi invernali del 2026, poi andate a Milano e Cortina. Mentre stavolta l'hanno spuntata i sauditi e ci hanno superato i coreani.

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