Per i contiani è l'ora del muro contro muro. Tra le paranoie per le «quinte colonne di Di Maio nel M5s» e l'ansia per il faccia a faccia di oggi a Palazzo Chigi tra Mario Draghi e Giuseppe Conte. I grillini sono ancora divisi tra governisti e anti-Draghi. Conte è sballottato tra le correnti, anche se è sempre forte la tentazione dello strappo, o almeno di un aumento del pressing sul premier. Il Movimento è in fibrillazione per le dichiarazioni di Dario Franceschini, influente colonnello del Pd e ministro della Cultura. «Se il M5s rompe ci sarà uno stop all'alleanza per il 2023», mette in chiaro Franceschini. Posizione già espressa da diversi maggiorenti dem, compreso il segretario Enrico Letta. Alla vigilia del confronto tra Conte e Draghi, le parole di Franceschini infiammano le chat pentastellate. «Il Pd vuole mandarci al 2%, ma andasse a fan», scrive un big. Nel M5s gira anche un sondaggio riservato, commissionato a Swg, secondo cui un elettore grillino su due preferirebbe dire stop all'alleanza con il Pd nel 2023. E si fa sentire Beppe Grillo. Sul suo Blog il Garante pubblica un post sarcastico dal titolo «Bye bye povery». «Basta con il Reddito di Cittadinanza! Non si viene a capo di niente», scrive il garante del M5S. Poi ricorda i numeri dei percettori del Rdc e insiste: «I poveri stanno raggiungendo la cifra record di 11 milioni. Undici milioni di persone che si riproducono in modo esponenziale, fanno figli e impoveriscono il resto della popolazione che manda avanti questo Paese. Basta! Bisogna avere il coraggio di dire che devono essere selezionati dalla natura. L'indigenza è la più grande livella democratica». Un messaggio che sembra un ricatto a Draghi in vista dell'incontro con Conte, con l'ex premier che porrà tra i suoi ultimatum anche la conferma del sussidio.
Tensione per il chiarimento Conte-Draghi, paranoie tra i contiani sui governisti che sono rimasti nel M5s. Le accuse di tradimento degli uomini dell'avvocato trovano una base anche nei numeri in Parlamento. A Montecitorio una pedina chiave è il capogruppo Davide Crippa, da sempre vicino a Beppe Grillo, mai ostile a Di Maio. Secondo fonti autorevoli nel gruppo alla Camera, Crippa ha un'influenza su dieci-quindici deputati, che sarebbero pronti a passare con i dimaiani nel caso Conte decidesse di farla finita con Draghi. E poi ci sono due ministri su tre che non vogliono lasciare il governo. Si tratta di Federico d'Incà, titolare dei Rapporti con il Parlamento, e di Fabiana Dadone, ministra delle Politiche Giovanili. Anche loro sono finiti al centro degli attacchi dei contiani. Che parlano dei governisti come delle «quinte colonne di Di Maio nel M5s». I presunti infiltrati, stando alle preoccupazioni degli uomini di Conte, sarebbero parte di un piano dell'ex capo politico, intenzionato a tenere un piede dentro il Movimento. Senza dimenticare Alessandra Todde, viceministro dello Sviluppo Economico, considerata vicina all'avvocato. Gli anti-Draghi però non si fidano di lei fino in fondo. L'esponente sarda, sottolineano i maligni, è stata portata da Di Maio nel M5s e, se si dimettesse dall'esecutivo, non avrebbe il paracadute di un seggio parlamentare.
Intanto Di Maio bombarda Conte. «Qualcuno cerca un pretesto per fare cadere Draghi», dice al Corriere della Sera. A Repubblica parla di «teatrini che hanno messo in imbarazzo il governo a Madrid. Uno spettacolo indecoroso». E a Conte arriva un siluro dagli Usa.
Alec Ross, già Advisor di Barack Obama alla Casa Bianca, in un'intervista video per il Festival del Sarà di Termoli stronca il leader del M5S: «Conte? Vergognoso, mi ricorda quegli italiani che durante la seconda guerra mondiale sono stati collaboratori dei nazisti contro gli ebrei».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.