Galli contraddice Ricciardi: "Non condivido i calcoli del governo"

Il direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche all’Ospedale Sacco di Milano non condivide le modalità con cui il governo conta i malati da coronavirus

Galli contraddice Ricciardi: "Non condivido i calcoli del governo"

Nella crisi generalizzata da coronavirus si apre un piccolo giallo tutto interno alla comunità scientifica. È in realtà lo strascico di una polemica che già da qualche giorno ha come protagonisti Stato e regioni, Veneto in testa. Questo caso riguarda le modalità di conteggio dei contagiati. Da due giorni il governo ha deciso che la definizione di “caso” deve essere fatta, direttamente, dall’Istituto Superiore di Sanità. La motivazione sarebbe semplice: perché questo test può dare falsi positivi e falsi negativi, per cui è importante che quelli che emergono dalle regioni vengano ancora considerati come casi sospetti.

Walter Ricciardi, membro dell’Oms e consulente del governo per l’emergenza, aveva affermato: “È importante che le regioni non facciamo comunicazione. Per l’impegno di trasparenza che noi abbiamo con le istituzioni internazionali, se loro dicono che quello è un caso, anche se sospetto e non confermato, noi poi lo dobbiamo comunicare a livello internazionale”. Con le relative ripercussioni. In seguito, cosa fondamentale, aggiungeva: "Sovrastimati i casi positivi".

Ora la modalità di conteggio viene messa in discussione dagli stessi scienziati. “Stimo molto il validissimo collega, Walter Ricciardi, ma io credo questa volta abbia fatto un errore”. A parlare è il professor Massimo Galli, direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche all’Ospedale Sacco di Milano. Questa dichiarazione arriva durante la trasmissione “Agorà” su Rai3. Galli fa sapere: “Credo che in questo caso abbia fatto un’uscita che non mi sento di condividere. Sembra quasi un’affermazione di centralismo burocratico. Mi risulta che non siano stati confermati dall’Iss i campioni mandati fino ad adesso dalla regione in cui lavoro. Possiamo decidere per una policy corretta, cioè che dividiamo i casi tra accertati e casi in attesa di conferma. Ma dal punto di vista pratico cambia poco e dal punto di vista della trasparenza, questa polemica, ha suscitato nei colleghi all’estero il sospetto che lo Stato italiano voglia nascondere qualcosa. Per favore, non abbiamo bisogno di questo”.

Le prime discrepanze erano emerse nel pomeriggio di mercoledì. La Regione Veneto segnalava 17 nuovi casi, non menzionati dal capo della protezione civile, Angelo Borelli, oltre un’ora più tardi in conferenza stampa. I dati sul contagio diventano così un problema e provocano frizioni tra Roma e le regioni in cui si segnalano positività al coronavirus. Con la possibilità che si passi alla comunicazione dei soli “casi clinici rilevanti”, ovvero contagiati in rianimazione e morti.

È Walter Ricciardi ad aprire il fronte: “I casi confermati sono 190 (disse allora)”. Ma in quel momento, i conteggi che arrivavano dalla protezione civile, parlavano di più del doppio delle positività. Un cortocircuito dovuto al fatto che i casi registrati dai sanitari intervenuti sul territorio dovevano poi essere validati dall’Istituto Superiore di Sanità.

Le cose sono poi andate avanti, i casi di contagio sono cresciuti. Ma resta un chiaro interrogativo sulle modalità con cui il governo conta i malati da coronavirus. Come dice Galli: “Ne vale la credibilità di tutta l’Italia”.

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