Presagi di tempesta. Si può leggere così l'inaspettata amicizia tra Merkel e Putin. Alleati tormentati contro un nemico più grande che annuncia i tempi bui della politica. Il virus da combattere e calcoli politici da fare. Se perfino la Russia e la Germania sono disposti a buttare tutto sotto il tappeto e a collaborare in nome dell'emergenza Covid allora significa che qualcosa di preoccupante c'è davvero. Il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno discusso in un colloquio telefonico della possibilità di produrre insieme vaccini contro il coronavirus. A riferirlo il Cremlino. «Le questioni di cooperazione nella lotta alla pandemia sono state discusse ponendo l'accento sulle possibili prospettive per la produzione congiunta di vaccini», si legge in una nota del Cremlino. Un annuncio che minaccia di offuscare i cieli della politica. Equilibri delicatissimi che pericolosamente cercano nuovi punti di appoggio, assetti, tensioni per il momento accantonate.
Restano in sottofondo le questioni non risolte tra Mosca e Berlino, il caso Navalny è solo l'ultimo, con le sue ombre pesanti tutt'altro che diradate e le possibili implicazioni anche in settori delicati come il gas. Tutto rimandato in nome di crisi più urgenti. Perchè adesso e ora la questione dei vaccini mette sotto pressione e la Germania sembra distogliere lo sguardo da Bruxelles. Un lento allontanamento iniziato tempo fa quando ha deciso di fare da sola e di opzionare delle dosi extra di vaccino. Un accordo bilaterale con BionTech-Pfizer per l'acquisto di 30 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, che ha stonato in un'azione di concerto dell'Unione Europea. Mossa che non era piaciuta agli altri Stati membri e soprattutto non era stata digerita dall'altra donna forte d'Europa, Ursula von der Leyen. Tedesca come Angela Merkel, stesso partito di provenienza, la Cdu.
Il duello e la prima crisi. Si sono rincorse le accuse, che Berlino in testa, muove alla Ue di essersi mossa con ritardo nell'approvvigionamento del vaccino contro il Covid-19. Bruxelles che piccata risponde e snocciola dati, strategie. «La filosofia di base è stata quella di un portafoglio diversificato di vaccini, che arriva a due miliardi di dosi, per ottenere quelli sicuri ed efficaci» e rimbalza le accuse e scarica sugli Stati membri.
C'è che la macchina dei vaccini di massa è partita già ingolfata e arranca, e che invece la Germania è in testa, popolo efficiente e obbediente si è messo in coda e ha favorito il braccio; c'è chi si chiede perché il Paese che produce il vaccino (grazie alla tedesca BioNTech) debba fare i conti con una carenza del siero. E allora si permette di fare i conti in tasca agli altri. «La Commissione europea ha probabilmente pianificato in modo troppo burocratico: troppo pochi dei vaccini giusti sono stati ordinati e il dibattito sui prezzi è andato avanti per troppo tempo», ha criticato il potente governatore della Baviera e leader della Csu locale Markus Soder soffiando sui venti della polemica. Il Die Welt propone addirittura una commissione d'inchiesta sull'operato di Ursula von der Leyen. La tedesca che è passata dall'altra parte. La Bild invece affonda il coltello nella gestione Merkel e la accusa di non aver creduto fino in fondo alla soluzione nazionale. Chi fa per se insomma. Il ritardo della Germania nell'approvvigionamento del vaccino dipende secondo la Bild dall'essersi affidata alla gestione europea e in particolare sarebbe stata la cancelliera ad aver frenato la strada tedesca intrapresa dal ministro della Salute Jens Spahn, per favorire un'unica azione condivisa a livello europeo.
E ora l'ultima sciabolata a un'Europa partita unita e coesa che invece al
momento arranca, accusata dagli Stati membri di aver puntato sui cavalli sbagliati, di aver fatto male i conti. Di non essere all'altezza insomma. E la Germania che guarda al Cremlino, nemici giurati fino all'altro giorno.
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