Così i jihadisti macellai di Dacca ridono degli italiani massacrati

L'agghiacciante gioia degli attentatori condannati a morte

Così i jihadisti macellai di Dacca ridono degli italiani massacrati

Un ghigno beffardo. Un sorriso che umilia vittime e familiari. La reazione dei sette jihadisti che hanno prima torturato e poi barbaramente ucciso nove italiani a Dacca nel 2016 alla condanna a morte è stata questa: una risata. Non hanno mostrato un solo segno di pentimento per quelle violenze indicibili riservate ai nostri connazionali tra le mura dell'Hole Artisan Bakery. In quel teatro dell'orrore persero la vita in totale 22 persone. I terroristi hanno prima interrogato le vittime sui versetti del Corano, poi a chi non sapeva rispondere hanno riservato una morte terribile. Ma dover affrontare in prima persona la morte non li spaventa.

Come ha sottolineato Magdi Cristiano Allam sulla sua pagina Facebook mostrando le foto di questi macellai sorridenti, probabilmente dietro il macabro sberleffo alla morte c'è anche la certezza di aver seguito fino in fondo le regole del Corano. Il libro sacro dell'islam infatti recita: «Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, sia ucciso o vittorioso, daremo presto ricompensa immensa. (...) Non considerare morti quelli che sono stati uccisi sul sentiero di Allah. Sono vivi invece e ben provvisti dal loro Signore». E questi jihadisti la loro ricompensa l'hanno cercata sulla pelle di nove italiani che sono morti sotto la lama affilata di coltelli e machete dopo lunghe torture e mutilazioni.

Se i carnefici ridono, i familiari delle vittime invece mostrano compassione, pure per loro. Fabio Tondat, fratello di una nostra connazionale uccisa, ha commentato così la condanna a morte dei jihadisti: «Si chiude una fase, ma provo comunque tristezza, perché dopo quello che è successo quella notte, in seguito alle indagini e in base alle leggi in vigore in quel Paese, altre vite andranno perse. Al di là di quanto hanno commesso, una condanna a morte significa comunque la morte di una persona».

Ma la migliore risposta a quelle risate nel nome di Allah è di un sacerdote, don Luca Monti, che a Dacca perse una sorella: «L'odio è stata una soluzione scartata tre anni fa, appena ho saputo che Simona era tra le vittime.

Preferisco pregare». Ed è proprio nella preghiera che prende forma la vera pietà cristiana. Un perdono che può «spegnere» il sorriso inquietante di chi uccide con ferocia per guadagnarsi un Paradiso che ha sempre le porte dell'inferno.

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