Si chiama Flat Tax, letteralmente «tassa piatta» la rivoluzione fiscale che potrebbe rilanciare la nostra economia. Per semplificare, si tratta di applicare un'unica aliquota d'imposta per ogni contribuente, sia esso persona fisica o impresa, indipendentemente dal proprio reddito.
La Flat Tax si basa su un principio già sperimentato con successo nell'America di Reagan e nella Gran Bretagna di Margaret Thatcher: per aumentare le entrate tributarie di uno Stato e ridurre l'evasione fiscale, occorre abbassare le tasse e semplificare il sistema.
La Flat Tax fu pensata per la prima volta negli anni '50 dal premio Nobel per l'economia Milton Friedman. In Italia fu inserita nel programma elettorale di Forza Italia nel 1994 da Antonio Martino (che di Friedman fu allievo), ma mai applicata per l'opposizione dei molti statalisti del centrodestra, Tremonti in testa.
Adesso la Lega di Salvini l'ha ripresa facendo propria una proposta studiata dall'economista americano Alvin Rabushka e da Armando Siri fondatore del Pin (Partito Italia Nuova) un movimento politico libertario. E qualche giorno fa Silvio Berlusconi ha rilanciato l'idea come cardine della riforma fiscale del futuro centrodestra. Abbiamo intervistato il professor Alvin Rabushka, esperto economista.
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Alvin Rabushka, 74 anni economista della Stanford University, già consigliere economico di Ronald Reagan, è uno dei massimi esperti al mondo di sistemi fiscali. È lui il padre della flat tax adottata in molti paesi europei.
Professore in che modo la flat tax potrebbe aiutare la ripresa economica in Italia?
«La semplice flat tax porterebbe incentivi per le imprese, il lavoro e gli investimenti, aumentando la crescita economica e l'occupazione. La flat tax spinge a prendersi dei rischi e quindi premia il successo. Riduce l'evasione fiscale, indirizzando in tal modo il capitale in attività produttive, invece che nei meccanismi di elusione. Fa emergere l'economia in nero».
Berlusconi fu il primo a parlare di flat tax nel 1994 ma il suo governo non riuscì a spingersi più in là di una diminuzione generale delle tasse ed una semplificazione del sistema fiscale. Cos'è cambiato secondo lei?
«Forse allora era prematura. L'Estonia è stato il primo paese ad adottare la flat tax nel 1993, appena ottenuta l'indipendenza. Da allora, più di 30 nazioni la hanno applicata sul reddito delle persone fisiche e alcuni anche sulle imprese. La flat tax è oggi un sistema fiscale funzionante e di successo in Europa centrale e orientale, in Asia, in Africa e in America Latina».
C'è chi dice che una flat tax può funzionare solo nelle economie piccole ma non in economia complesse come quelle di un Paese del G7.
«La flat tax ha avuto successo in Russia, un paese che è due volte e mezzo la popolazione dell'Italia; lì una flat tax al 13% è stata introdotta nel 2000. Nei sei anni compresi dal 2001-2006, le entrate, al netto dell'inflazione reale, sono quasi triplicate».
Uno dei problemi maggiori in Italia è l'alta evasione fiscale e l'economia in nero. La flat tax aiuterebbe a combatterla?
«Sì. Nella maggior parte dei paesi che hanno adottato la flat tax l'evasione fiscale è diminuita significativamente già nel corso del primo anno, superando le previsioni. Inoltre le stime prevedono un recupero dell'economia sommersa da un terzo fino alla metà».
Qualcuno dice che un buon sistema fiscale è strettamente legato al tema della libertà e del rapporto tra Stato e individuo. Lei è d'accordo?
«La flat tax è più coerente con la libertà individuale, rispetto ad un
complicato sistema fiscale. Essa consente alle persone di conservare di più ciò che guadagnano lasciandole libere di investire, risparmiare o spendere in accordo con le proprie preferenze individuali».Twitter: @GiampaoloRossi
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