Così il legale indagato tramava coi senatori per salvare il governo del suo amico Conte

Il senatore Saccone (Udc): "Telefonate per conto di Di Donna nei giorni della caduta dell'esecutivo". Spuntano contatti tra l'avvocato e Arcuri per un appalto da 800mila euro. Fari anche su un progetto in Calabria

Così il legale indagato tramava coi senatori per salvare il governo del suo amico Conte

«In passato lo frequentavo, ma da quando sono diventato premier non l'ho frequentato più. Non so nulla della sua successiva attività professionale». Dopo l'arrivo a Palazzo Chigi Giuseppe Conte dice di non aver avuto più alcun rapporto con l'amico avvocato Luca Di Donna (nel tondo), oggi indagato con altre 12 persone dalla Procura di Roma per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite. Di certo però dopo l'ascesa del premier - con cui Di Donna condivide lo stretto legame con Guido Alpa, vero mentore di Conte - le «parcelle» del 42enne avvocato d'affari della Capitale sono state consistenti. Secondo i pm con gli avvocati Giancarlo Esposito e Valerio De Luca, avrebbe sfruttato «relazioni con soggetti incardinati ai vertici di istituzioni pubbliche e strutture appaltanti» proponendosi ad aziende private come il passepartout necessario per poter accedere agli affari con lo Stato, dalla struttura dell'ex commissario Domenico Arcuri, a Invitalia, fino al ministero dello Sviluppo economico.

Fin qui l'inchiesta. Ma per capire quanto Di Donna sarebbe stato addentro i palazzi del potere, oggi fonti qualificate ricordano che il suo nome sarebbe arrivato fino in Parlamento, nei giorni cruciali della crisi di governo del Conte 2, quando la caccia a possibili responsabili per salvare l'esecutivo dell'avvocato del popolo era febbrile: «Arrivavano chiamate da qualsiasi mondo». E almeno due senatori si sarebbero trovati dall'altro capo del telefono degli intermediari in cerca di «costruttori», che avrebbero dichiarato di agire proprio per conto di Di Donna. Uno dei due, Antonio Saccone, Udc, oggi conferma al Giornale: «Non mi ha chiamato direttamente ma attraverso dei miei amici, che a suo nome (quello di Di Donna, ndr), mi hanno chiesto di dare una mano a Conte».

Nell'aprile del 2019 Conte e Di Donna si trovavano entrambi in Cina, il primo a Pechino per celebrare l'intesa Italia-Cina sulla Belt and Road Initiative, la nuova via della Seta tanto cara al M5s, il secondo a Wuan, per l'inaugurazione dell'Istituto Italo-Cinese con l'Università Sapienza, per cui l'avvocato, che è anche professore di Diritto privato europeo nello stesso ateneo, era titolare della cattedra. Conte ha smentito seccamente ricostruzioni secondo cui Di Donna avrebbe collaborato alla stesura del nuovo Statuto del M5s, e che sarebbe stato tra i nomi individuati per la scuola di formazione politica del Movimento.

L'ex premier, così come Arcuri, sono estranei all'inchiesta. In una delle intercettazioni citate nel decreto di perquisizione, gli interlocutori spiegano però che «Di Donna ha acquisito potere e ha potuto condurre gli interventi che hanno portato un arricchimento economico per tutti i sodali, dopo che una terza persona si è affermata (s'intende verosimilmente sotto il profilo politico). Da quel momento le porte della Pubblica amministrazione si sono aperte per loro, e le hanno sfruttate a pieno». Gli intercettati parlano di Di Donna come di un nome in grado di aprire le porte agli affari con la pa, secondo l'accusa. Dagli appalti Covid a progetti di investimento finanziati dallo Stato. Uno degli obiettivi sarebbe stato far ottenere all'azienda Adaltis commesse per la fornitura di test molecolari dalla struttura di Arcuri. Nel giugno 2020 la Adaltis sigla un contratto per 800mila euro di pezzi, che si sarebbe però definito il 14 maggio: e tra il 5 e il 15 maggio, annotano gli inquirenti, risultano contatti diretti tra Di Donna e Arcuri. A dicembre la stessa azienda ha ottenuto un'altra fornitura da 2,5 milioni di euro.

Non solo appalti Covid, per cui ora da Italia Viva Ettore Rosato chiede una commissione d'inchiesta sulle forniture. Un altro imprenditore, titolare di una società informatica, sarebbe stato contattato da Di Donna ed Esposito per un progetto, finanziato con soldi pubblici, in Calabria in cambio di una percentuale pari al 5%.

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